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CONFCOMMERCIO ALTO GARDA E LEDRO (TN) * RINCARI BOLLETTE: MIORELLI, « SITUAZIONE DIFFICILISSIMA, PANDEMIA E AUMENTO COSTI SONO BINOMIO DEVASTANTE PER LE IMPRESE DEL TERZIARIO »

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14.28 - sabato 29 gennaio 2022

Calano i consumi e scoppiano i costi: la “tempesta perfetta” colpisce anche le imprese dell’Alto Garda. Il presidente di Confcommercio Claudio Miorelli: «La situazione è difficilissima: tra lock down di fatto e aumento dei costi dell’energia, molte aziende sono a rischio»

Sono in molti a chiamarla “tempesta perfetta”, anche tra gli imprenditori: l’aumento delle bollette energetiche – ed i conseguenti rincari delle materie prime nelle varie filiere – combinato ad un calo drastico dei consumi – per quarantene, paura, prudenza – rischia di produrre effetti devastanti sulle imprese e, di conseguenza, anche sulle famiglie. Anche l’Alto Garda non è indenne da queste dinamiche e, sebbene la stagione estiva sia ancora lontana, le aziende del terziario stanno vivendo uno dei momenti più duri dall’inizio della pandemia. A lanciare l’allarme è il presidente della sezione Alto Garda e Ledro di Confcommercio Trentino Claudio Miorelli che si unisce a chi (da ultima la stessa sezione provinciale dell’organizzazione) denuncia una situazione che rischia di andare fuori controllo.

«Pandemia ed aumento dei costi rappresentano un binomio devastante per le imprese del terziario: commercio, turismo, servizi sono tutti ugualmente toccati in maniera pesante dai rincari delle bollette di questi mesi e, contemporaneamente, il calo netto dei consumi produce un effetto che amplifica la situazione di emergenza. Paradossalmente molti imprenditori ci dicono che era meglio quando erano chiusi, un anno fa. Questo non è tollerabile».

 

Siamo il paese a livello Europeo con il più alto tasso di vaccinati, ma anche con le restrizioni più pesanti.

«I centri storici sono deserti – prosegue Miorelli – vuoi per chi è costretto alla quarantena, vuoi per un eccesso di prudenza o paura da parte dei cittadini. Di fatto, è sotto gli occhi di tutti quanto sia diminuita la vitalità dei nostri centri. L’ultimo decreto, quello che entrerà in vigore dal 1° febbraio, introduce nuovi obblighi per i negozi che metteranno a dura prova soprattutto le piccole realtà. Sono provvedimenti complessi, che appesantiscono l’attività quotidiana; spesso anche contraddittori che generano disparità tra esercizi commerciali. Siamo sempre stati favorevoli ai provvedimenti del governo, anche a quelli che ci colpivano duramente, perché crediamo nella scienza e nelle misure di contenimento che gli esperti hanno individuato. Oggi però la situazione è diventata insostenibile: alle conseguenze della pandemia, a linee guida e lockdown di fatto, si aggiungono bollette esorbitanti e rincari di materie prime. È ora che qualcuno si assuma il coraggio di prendere iniziative concrete che tornino a far rivivere il Paese».

«Chi crede che questa “tempesta” non riguardi l’Alto Garda sbaglia: molte attività tra quelle stagionali hanno preferito rimanere chiuse, quando solitamente erano aperte. Inoltre, nonostante gli sforzi immani di Garda Fiere Congressi che va senz’altro ringraziata, Expo Riva Schuh, la fiera di livello internazionale, è stata notevolmente ridimensionata, con il conseguente crollo di tutto l’indotto. A ciò si aggiunga che anche sulla prossima stagione estiva si agita lo spettro di un ulteriore problema, quello del personale. L’anno scorso è stato difficilissimo per le imprese turistiche e commerciali reperire la manodopera necessaria. Temiamo che questi continui alti e bassi del mercato creino disaffezione e conseguente calo della qualità».

«Ciò che stupisce le imprese – spiega il presidente della sezione – è l’assoluto silenzio della politica, soprattutto nazionale. È un fenomeno che va gestito a livello italiano, se non europeo, ma sembra che sia un problema che non esiste. D’altra parte registriamo segnali positivi dai nostri amministratori locali, e ciò ci fa piacere: per quanto sia possibile, va messo in campo ogni strumento per arginare questa situazione. Non è un problema solo delle imprese ma dell’intera collettività».

 

Le categorie
«Confrontando le bollette di questi giorni tra colleghi – spiega Vasco Bresciani presidente della categoria dei pubblici esercizi della sezione – notiamo aumenti del solo costo dell’energia da 0,079 a 0,22/0,25, in un trend che dura da qualche mese e che non sembra destinato a calare in tempi brevi. Veniamo da due anni pesantissimi, durante i quali molti imprenditori hanno dovuto, per garantire la sopravvivenza alla propria azienda, utilizzare i propri fondi o ricorrere alle banche. Questa nuova batosta rischia di essere una condanna definitiva per molte realtà. Un imprenditore che fortuitamente ha registrato un consumo identico da anno ad anno ci ha mostrato le due bollette: a parità di consumi, l’anno scorso ha speso 890 euro, quest’anno 1.900. È chiaro che con il calo dell’affluenza che stiamo registrando, questo diventa insostenibile. Anche in vista della stagione estiva: come sarà possibile fare i listini con queste dinamiche assolutamente fuori controllo?».

«È un problema trasversale – dichiara Enzo Bassetti, presidente degli albergatori UNAT per l’Alto Garda – che riguarda tutti i settori. Temo che i rincari dell’energia siano solo la punta dell’iceberg, mentre sotto covano gli aumenti delle materie prime che provocheranno un effetto a cascata su tutta la filiera. Nella prossima stagione estiva andranno rivisti i prezzi e probabilmente avremo un calo di turisti. Per l’Alto Garda è vero solo in parte che la stagionalità turistica attenua i danni: molte imprese annuali stanno pagando costi altissimi, mentre il settore congressuale è in seria difficoltà anche perché è un tipo di attività che ha bisogno di una programmazione molto lunga e articolata».

«Ci sentiamo abbandonati – è il commento di Paolo Turrini, presidente di sezione dei ristoratori trentini – perché tutti sembrano convinti di essere tornati alla normalità quando non è così. Siamo in un lockdown mascherato: i nostri locali registrano un calo netto delle presenze. Le festività natalizie non hanno portato nulla: se normalmente i giorni lavorati in quel periodo erano circa una quarantina, quest’anno si è lavorato solo 3,4 giorni, cioè in prossimità delle feste e poi nulla. E i pranzi di Natale che solitamente erano frequentati da famiglie con 10/12 commensali, quest’anno erano in quasi tutti i locali per due persone. Ora questi aumenti esponenziali dell’energia aggravano ancora di più la situazione. Molti ci dicono che era meglio l’anno scorso: almeno da chiusi non si lavorava in perdita».

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