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LANCIO D'AGENZIA

CGIL ROMA – FONDAZIONE DI VITTORIO * LAVORO: « 9 MILIONI DI PERSONE IN SERIA DIFFICOLTÀ / ISTAT CALCOLA CHE 5 MILIONI SI DICHIARANO DISOCCUPATE »

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06.32 - sabato 10 settembre 2022

“Oltre 9 milioni di persone in seria difficoltà con il lavoro” – Commento di Fulvio Fammoni.

La condizione del lavoro in Italia è legata sia a fattori numerici che di qualità. Il picco storico dell’occupazione in Italia si colloca attorno ai 23 milioni di occupati dipendenti e indipendenti (Ista tLuglio 2022). Da quella cifra non ci siamo mai scostati ed è stata peraltro raggiunta solo tre volte per almeno cinque mesi consecutivi (2008/2019/2022). Appare un limite difficilmente valicabile nelle attuali condizioni, anzi già si pronostica un nuovo calo legato alle difficoltà produttive che l’aumento inflattivo provoca. Anche per questo, nel dibattito sui dati si insiste meno sul numero totale degli occupati e molto di più su un tasso di occupazione che però è prevalentemente determinato dal calo della popolazione in età da lavoro.

Nell’ultimo mese disponibile (Istat luglio 2022) il tasso di occupazione italiano è arrivato al 60,3%, il massimo da sempre. Questo dato però continua ad essere di circa 10 punti inferiore rispetto alla media europea (oltre 15 con la Germania) ed è enfatizzato senza un reale motivo. I circa 23 milioni di occupati attuali fanno infatti riferimento ad una popolazione in età da lavoro che è fortemente calata. Se li confrontiamo, come si faceva solo fino a pochi mesi fa, con il periodo prepandemico (febbraio 2020) scopriremmo che, rispetto ad allora, gli occupati sono cresciuti di +130 mila unità mentre la popolazione in età da lavoro (il denominatore) è calato di ben -637 mila unità.

Se la popolazione non fosse calata il tasso di occupazione oggi sarebbe del 59,3% (solo +0,3 p.p. rispetto a febbraio 2020) questa è la realtà di cui preoccuparsi, non solo perché l’occupazione cresce troppo poco ma perché il calo demografico è un segnale evidente del declino di un paese. Si tratta peraltro di un dato, quello del 2022, caratterizzato in modo preponderante dalla precarietà del lavoro. Nel 2008 a fronte di 23 milioni di occupati erano circa 2,4 milioni i tempi determinati, oggi sempre con un numero simile di occupati, i precari sono 3,2 milioni. Lo slogan “occupazione precaria” non è dunque una forzatura ed è quanto mai calzante, sia per il record di lavoratori precari che è stato raggiunto che, come le serie storiche dimostrano, perché queste persone vengono utilizzate come “locomotiva” durante le fasi di crescita e come “carrozza del treno da sganciare” facilmente durante le fasi di difficoltà. È stato così con la crisi del 2009, del 2014, in modo enorme nel 2020 durante la pandemia. Un nuovo forte rischio è evidente in questa fase.

Ma esiste anche un enorme problema di non lavoro e di qualità del lavoro. I dati attualmente a disposizione fanno riferimento ad un PIL che ha già acquisito un +3,4% nel primo semestre del 2022. Nonostante questa inusuale fase di crescita per il nostro paese, la disoccupazione sostanziale è più alta di quanto non appaia dai numeri del tasso di disoccupazione ufficiale. La FDV ha calcolato questa quota sia in percentuale che in numero assoluti. Ne fanno parte i disoccupati propriamente detti e una quota di inattivi, assimilabili a disoccupati, tutti con precedenti esperienze lavorative e immediatamente disponibili a lavorare, che non cercano attivamente lavoro (e per questo non inseriti nella disoccupazione) sulla base solo di specifiche e selezionate motivazioni, oltre che i soggetti assenti dal lavoro per un periodo previsto maggiore di tre mesi perché in CIG o per mancanza di lavoro/ridotta attività.

Esistono anche altre stime su questo fenomeno, Istat produce quella del tasso di mancata partecipazione al lavoro che si attesta attorno al 19,3%; sempre Istat calcola la quantità di persone che si dichiarano disoccupate in oltre 5 milioni. La nostra è quindi una stima prudenziale ma molto realistica di 4,3 milioni di persone in disoccupazione sostanziale, che arriva ad una percentuale del circa il 16,0% a fronte di un tasso di disoccupazione ufficiale del 9,5%. Dato che renderebbe la situazione italiana omogenea e comparabile con gli altri paesi d’Europa. Ma anche fra chi lavora, è in forte crescita un’area di disagio che –progressivamente- alimenta il bacino del lavoro povero, legata all’aumento al tempo determinato involontario ed ai conseguenti vuoti di attività; al part-time involontario, agli occupati sospesi, vale a dire gli assenti dal lavoro per un periodo pari o inferiore a tre mesi perché in CIG o per mancanza di lavoro/ridotta attività. In quest’area attualmente sono ricomprese oltre 4,8 milioni di persone.

In sostanza, oltre 9 milioni di cittadini hanno problemi rilevanti con il lavoro, perché disoccupati, impediti da fattori oggettivi nella ricerca di lavoro o non soddisfatti della propria condizione lavorativa, che subiscono in modo involontario e che troppo spesso colloca queste persone nel bacino del lavoro povero. Un dato altissimo che testimonia come la situazione del lavoro in Italia sia molto difficile e in via di ulteriore deterioramento da cui partire sia per le proposte ma soprattutto per iniziative concrete volte a modificare questa negativa situazione attuale fatta di: troppa precarietà, troppo lavoro povero, troppe barriere per la ricerca di occupazione a chi vorrebbe lavorare.

 

Il disagio occupazionale e la disoccupazione sostanziale nel 2021 in Italia.

Di Giuliano Ferrucci* e Nicolò Giangrande.

* Statistico e ricercatore della Fondazione Giuseppe Di Vittorio (FDV).

Economista e ricercatore della Fondazione Giuseppe Di Vittorio (FDV)

 

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Con questa breve ricerca, basata sulle statistiche pubblicate dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), presentiamo i numeri principali del mercato del lavoro italiano, l’area del disagio occupazionale e l’area della disoccupazione sostanziale aggiornati al 2021. Come è noto, a partire da gennaio 2021 l’ISTAT ha adottato i nuovi criteri stabiliti dal regolamento dell’Unione Europea in tema di statistiche su persone e famiglie: nella nuova Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL), in particolare, un soggetto assente dal lavoro per più di tre mesi viene considerato, con poche eccezioni, non occupato – a prescindere dalla retribuzione, se dipendente, o dalla formale conclusione dell’attività, se autonomo1 . In sintesi, i nuovi criteri di classificazione escludono dal computo degli occupati i dipendenti in Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e gli altri lavoratori assenti per più di tre mesi consecutivi2 .

 

1. Introduzione

Le nuove definizioni tendono ad amplificare le variazioni dei grandi aggregati (in particolare degli occupati e degli inattivi) che si verificano nelle fasi di crisi profonda e di repentina ripresa dell’attività economica, come nel 2020, quando il ricorso alla cassa integrazione è letteralmente esploso e moltissime attività autonome sono state sospese, e nel 2021, quando buona parte dei lavoratori in cassa integrazione è stata riassorbita e molte attività sospese sono state riavviate. Anche in ragione dei cambiamenti introdotti nelle statistiche ufficiali, la Fondazione Di Vittorio ridefinisce e aggiorna gli indicatori relativi al mercato del lavoro già elaborati negli anni precedenti, utili a tracciare il disagio del mondo del lavoro e la reale consistenza della disoccupazione in Italia con l’obiettivo di comprendere le dinamiche del mercato del lavoro per discutere, elaborare e realizzare delle politiche economiche adeguate.

 

2. Il disagio nel mondo del lavoro nel 2021

L’Area del Disagio Occupazionale (ADO) è formata dai dipendenti a termine che vorrebbero un contratto stabile (lavoro temporaneo involontario) e dai lavoratori a tempo parziale che vorrebbero un lavoro a tempo pieno (part-time involontario), nonché dagli “occupati sospesi”, vale a dire assenti dal lavoro per un periodo previsto pari o inferiore a tre mesi, perché in CIG o “per mancanza di lavoro/ridotta attività” 3 . La platea di riferimento, nelle precedenti ricerche costituita dagli occupati in età da lavoro (15-64 anni), è formata dagli occupati 15-74 anni: il passaggio alla classe 15-74, più inclusiva (+613 mila unità) è motivata dal progressivo invecchiamento della platea degli occupati. Nella tabella 1 sono illustrati i dati relativi alle due classi di età (15-64 e 15-74) in media 2021: l’Area del Disagio nella classe 15-74 conta 4 milioni 872 mila persone e il corrispondente indice di disagio, calcolato come rapporto tra gli occupati nell’area del disagio e il totale degli occupati, è pari a 21,7% (la percentuale è poco più elevata nella classe 15-64): circa 22 occupati su cento, quindi, vivono una condizione di disagio determinata dall’orizzonte temporale limitato del rapporto di lavoro e/o dal numero di ore insufficiente rispetto alle necessità, oppure ancora dalla sospensione dell’impiego, benché temporanea, causata dalla mancanza di lavoro. Il disagio è più frequente nell’occupazione femminile (28,4%) che in quella maschile (16,8%); è molto diffuso tra i giovanissimi (15-24) che entrano nel mercato del lavoro (61,7%) e interessa un terzo dei giovani occupati tra 25 e 34 anni; l’indice di disagio decresce con l’età ma è ancora sopra il 20% nella classe 35-44 anni. L’indice di disagio segue, come nelle attese, il gradiente nord-sud (è ampiamente sotto il 20% nelle ripartizioni settentrionali e supera il 30% nelle Isole) mentre decresce con il titolo di studio, dal 32,2% degli occupati con la licenza elementare al 18,1% di quelli con titolo universitario.

 

3. La disoccupazione sostanziale nel 2021

L’Area della Disoccupazione Sostanziale (ADS) è formata dai disoccupati e dagli inattivi ad essi assimilati, vale a dire scoraggiati, bloccati o sospesi5 . La totalità degli occupati e dei disoccupati sostanziali rappresenta le cosiddette Forze Lavoro Estese: nella tabella 2 è illustrata la loro distribuzione nelle classi di età 15-64 e 15-74 anni (media 2021). Nell’Area della Disoccupazione Sostanziale (15-74 anni) cadono complessivamente 4 milioni e 278 mila persone, delle quali formalmente disoccupate 2 milioni 367 mila. L’indice di disoccupazione sostanziale (15-74), calcolato come rapporto tra ADS e Forze Lavoro Estese, è pari a 16,0%, molto più elevato del corrispondente tasso di disoccupazione ufficiale (9,5%) e tuttavia inferiore al tasso di mancata partecipazione al lavoro6 stimato dall’Istat (19,3%). L’indice è relativamente basso nella ripartizione nord orientale (8,6%), sale al 26,6% nel Sud e al 29,1% nelle Isole. La disoccupazione sostanziale interessa soprattutto la forza lavoro7 meno istruita (più del 30%) e solo il 7,8% degli attivi8 con un titolo universitario.

 

 

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