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CGIL CISL UIL – TRENTINO * NATALITÀ: « DATI PREOCCUPANTI, I BONUS BEBÈ NON SERVONO AD INVERTIRE LA TENDENZA »

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13.17 - sabato 2 gennaio 2021

Natalità. “Dati preoccupanti. I bonus bebè non servono ad invertire la tendenza”. Per i sindacati è urgente sostenere l’occupazione femminile, potenziare i servizi all’infanzia e rafforzare l’integrazione dei cittadini stranieri. “Vergognoso il requisito dei dieci anni: così la Provincia si fa promotrice di nuove discriminazioni fin dalla culla”.

I primi dati sulla natalità in Trentino nello scorso anno confermano la tendenza alla riduzione dei nuovi nati. Nel corso del 2020, infatti, negli ospedali trentini sono venuti alla luce solo 3.900 bambini, record negativo degli ultimi vent’anni e con un calo del 3,5% rispetto al 2019. Con questi numeri il tasso di natalità si avvicina a quello nazionale che nel 2019 era fermo a 7 nati ogni 1.000 abitanti e si consolida il trend degli ultimi sei anni: il saldo naturale della popolazione anche nel 2020 resterà negativo, in quanto il numero dei morti supererà quello dei nati. Senza immigrazione quindi la popolazione trentina, e quindi anche la forza lavoro, è destinata a contrarsi inesorabilmente. Tra l’altro il tasso di natalità del 2020 ha risentito solo in minima parte degli effetti della pandemia, in quanto la stragrande maggioranza dei bambini nati nel corso di quest’anno sono stati concepiti prima dell’emergenza Covid in Trentino.

Per i sindacati la tendenza in atto è allarmante. “La diminuzione progressiva della natalità che dura da vent’anni – sostengono i segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti – ha diversi risvolti tutti negativi, tra cui il progressivo invecchiamento della popolazione e la riduzione dei giovani presenti sul mercato del lavoro. Di fronte ad una situazione come questa, servono politiche integrate perché i bonus bebè hanno dimostrato di fallire nell’obiettivo di invertire la tendenza”.

A questo proposito, il 2020 è stato il primo anno di attuazione dell’assegno di natalità che la Giunta Fugatti aveva annunciato in pompa magna nell’estate del 2019 ed introdotto con l’assestamento di bilancio dello stesso anno per garantire un bonus annuo a partire da 1.200 euro per i primi tre anni di vita di ogni nuovo nato. “Siamo sempre stati scettici rispetto a misure di questo tipo – spiegano i sindacalisti – perché nessuno fa un figlio perché per tre anni riceve un premio. A nostro avviso invece bisogna puntare sulla valorizzazione del lavoro femminile e sul potenziamento dei servizi all’infanzia, aumentandone la qualità, la flessibilità e la diffusione sul territorio a tariffe sempre più contenute. Laddove si ampliano i servizi di conciliazione, le donne che hanno occupazioni professionalmente stabili e redditualmente soddisfacenti aumentano immediatamente la propensione a fare figli, anche rispetto alle fasce di popolazione meno istruita e più povera”

Per questo motivo Cgil Cisl Uil hanno salutato con favore l’accoglimento parziale nell’ultima legge di stabilità della loro proposta di aumentare le deduzioni dei redditi da lavoro femminile ai fini Icef. “Il Consiglio provinciale – ricordano Grosselli, Bezzi e Alotti – ha accolto un emendamento presentato dalle opposizioni con cui si stanziano ulteriori 2,5 milioni a questo fine. In questo modo le deduzioni potrebbero salire fino a circa 10mila euro. Auspichiamo che la Giunta anticipi l’attuazione di questa misura all’assegno unico fin da quest’anno”.

C’è poi il tema dell’integrazione dei cittadini stranieri come ulteriore occasione per aumentare il tasso di natalità. “Quasi un quarto di tutti i bambini nati nel 2020 sono figli di cittadini stranieri. Anche per questo bisognerebbe investire sulla loro integrazione. Ma su questo fronte – denunciano i segretari generali delle tre confederazioni – la Giunta leghista ha dimostrato tutta la propria mancanza di lungimiranza. Basti pensare alla vergogna di aver introdotto nell’assegno di natalità il requisito di residenza di 10 anni. Così la Provincia, invece di ridurle, si fa promotrice di nuove discriminazioni fin dalla culla, colpendo i soggetti più indifesi: i bambini e le loro famiglie”.

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