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CGIL CIS UIL – TRENTINO * TIM: « L’IPOTESI DI CESSIONE DELLA RETE PREOCCUPA LAVORATORI E SINDACATI, A RISCHIO ANCHE LA TENUTA DI UN SERVIZIO STRATEGICO PER IL PAESE »

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14.01 - martedì 22 febbraio 2022

Tim. Oggi lavoratori in sciopero in tutta Italia. Rischio esuberi. L’ipotesi di cessione della rete preoccupa lavoratori e sindacati. A rischio anche la tenuta di un servizio strategico per il Paese.

No al modello spezzatino per il futuro di Tim. La contropartita potrebbe essere pesantissima sull’occupazione. Ne sono convinti i sindacati che in attesa di incontrare il presidente Draghi hanno convocato per oggi una giornata di sciopero in tutta Italia.

I nodi sul futuro del Gruppo sono ancora tutti senza risposte e di fronte al temporeggiare dei vertici e al silenzio del Governo, mentre resta ancora in piedi l’ipotesi di scorporo della rete, cresce la preoccupazione per le ripercussioni occupazionali, tecnologiche e industriali che potrebbero derivare dal nuovo assetto.

Lo sciopero non è l’unica azione di mobilitazione. Sono già stati sospesi tutti gli straordinari fino al 2 marzo, data in cui il consiglio di amministrazione di Tim potrebbe approvare il piano industriale che porterebbe allo smembramento del Gruppo. In gioco il futuro delle sue 42.000 lavoratrici e lavoratori, 420 solo in regione, a cui si aggiungono tutti gli addetti delle società che operano negli appalti (istallazioni telefoniche, call center, information technology).

“L’ipotesi di scorporo e cessione della rete che di fatto il cda non ha mai escluso è sbagliata e dannosa perché pregiudica il futuro di uno degli asset strategici del nostro Paese” – fanno notare Norma Marighetti, Bianca Catapano e Maurizio Franchi che seguono Tim in regione.

Nell’ultimo trentennio in Italia sulle telecomunicazioni si è deciso di puntare su un modello sbagliato. Un settore che ovunque rappresenta un volano di crescita e sviluppo tecnologico è ridotto nel nostro Paese a bruciare 12 miliardi di ricavi negli ultimi undici anni. Una dinamica che ha aggravato gli effetti dei ritardi sul superamento del digital divide e si è drammaticamente riverberata sull’occupazione del settore, in costante diminuzione da decenni. Per i sindacati lo Stato non può stare alla finestra: serve un nuovo assetto in cui la presenza pubblica sia protagonista.

“Non può essere il profitto a guidare scelte strategiche e investimenti. Tutto il territorio, dal centro alle più lontane periferie, ha bisogno di un piano di digitalizzazione capillare così come va reso esigibile il diritto alla connessione di qualità per tutti i cittadini e le cittadine”. Non è con la costruzione di tante piccole reti in fibra che l’Italia si doterà di una infrastruttura inclusiva, aperta, capace di garantire a tutte ed a tutti il diritto alla connettività.

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