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LANCIO D'AGENZIA

ARCIDIOCESI TRENTO * ORDINAZIONE PRESBITERALE: « IL TESTO DELL’OMELIA DI OGGI IN CATTEDRALE, ORDINÀTI SACERDOTI DEVIS BAMHAKL E GIANLUCA LEONE »

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15.59 - sabato 12 settembre 2020

Ordinazione presbiterale di oggi pomeriggio (ore 15.00) in cattedrale a Trento di Devis Bamhakl e Gianluca Leone.

“Mentre assistiamo, a cominciare delle mura ecclesiali, allo scandalo della divisione e di una conflittualità crescente, lasciatevi affascinare dalla chiamata di Gesù ad una vita buona e fraterna”. Si rivolge così l’arcivescovo Lauro Tisi a Devis Bamhakl e Gianluca Leone, subito prima di imporre loro le mani nel rito di ordinazione presbiterale, oggi pomeriggio in cattedrale a Trento. “La messe è molta, gli operai sono pochi”, esordisce don Lauro nell’omelia, citando la frase di Matteo che sembra descrivere la crisi di vocazioni. Due nuovi preti per la Chiesa di Trento non invertono certo la tendenza, ma monsignor Tisi sprona anzitutto Devis e Gianluca a leggere la realtà non con tono pessimistico ma con “gli occhi di Dio, perennemente aperti allo stupore e alla meraviglia”. “Lavorare nella sua messe – precisa – non è fatica ma festa”.

Ad avvalorare questa prospettiva monsignor Tisi cita i giorni più drammatici della pandemia e “l’esperienza concreta – rammenta – dell’incontro con la bellezza della solidarietà, della gratuità, del dono della vita”. Ciò non toglie in don Lauro la “preoccupazione che l’attitudine a consumare il presente, abdicando alla memoria e rinunciando a immaginare futuro, permetta al virus nefasto della rassegnazione di togliere fiato alla speranza, spegnendo il gusto della novità”.

La risposta secondo l’Arcivescovo sta nell’invito a “diventare discepoli della Parola eterna del Padre”, incarnata in Gesù. “Mentre molte delle nostre attività sono soggette al limite, la Parola di Dio varca confini, abbatte barriere, crea un nuovo modo di abitare la nostra umanità”.

Per Devis e Gianluca, che celebrano per la prima volta l’Eucarestia, il monito a non diventarne “padroni” ma “servi” (“al centro non siete voi ma la comunità”) e ad essere cercatori, in primis tra preti, di comunione e fraternità, altrimenti “il ministero – conclude Tisi – rimane infecondo”.

 

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“La messe è grande, gli operai sono pochi” (Mt 9,37). Contrariamente a quanto si pensa, questo non è un grido di allarme, una chiamata alle armi. Il termine “messe” evoca gioia, raccolto, festa. In esso risuona l’eco della Genesi: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona” (Gen 1,31). Nelle parole di Gesù ritroviamo gli occhi di Dio, irriducibile nel suo guardare la Storia con fiducia, speranza e positività.

Cari Devis e Gianluca, chiediamo per voi gli occhi di Dio, perennemente aperti allo stupore e alla meraviglia.

Questo sguardo, oltre che sulla messe, si posa anche su di voi: oggi lo Spirito Santo vi offre occhi nuovi e vi manda a raccogliere il frutto della semina del Padre, regalandoci la possibilità di assaporare la presenza del Risorto, il suo amore, la sua compassione.  Lui è l’autore della semina, della crescita, del Bene che abita la Storia. A noi affida la gioia di raccogliere. Lavorare nella sua messe non è fatica, ma festa.

Non nascondo la difficoltà diffusa nel dare credito a questa prospettiva. Se però, per un attimo, ci portiamo sulle prime drammatiche settimane della pandemia, dobbiamo ammettere di aver fatto esperienza concreta dell’incontro con la bellezza della solidarietà, della gratuità, del dono della vita.

Abbiamo visto realizzarsi l’auspicio dell’apostolo Pietro: praticate l’ospitalità, conservate tra voi la carità, mettetevi al servizio gli uni degli altri. Cari Devis e Gianluca, questa è l’”energia ricevuta da Dio” che in questo momento viene affidata alla vostra intelligenza, al vostro cuore e alle vostre mani.

Tuttavia nutro una grande preoccupazione per tutti: che l’attitudine a consumare il presente, abdicando alla memoria e rinunciando a immaginare futuro, permetta al virus nefasto della rassegnazione di togliere fiato alla speranza, spegnendo il gusto della novità.

Nello smarrimento diffuso di quest’ora, sento un appello forte a consegnare a voi e a tutta la nostra comunità l’invito a diventare discepoli della Parola eterna del Padre che ha preso dimora in mezzo a noi nella persona di Gesù di Nazareth. Abbiamo la possibilità di far diventare questa Parola la nostra vita. Quanto visto e udito nella fase più intensa dell’emergenza può diventare non solo il gesto di un momento ma l’abito normale della nostra vita. Non lasciamoci sfuggire questa incredibile occasione: mentre molte delle nostre attività sono soggette al limite, la Parola di Dio varca confini, abbatte barriere, crea un nuovo modo di abitare la nostra umanità.

L’Eucarestia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia.

Cari Devis e Gianluca, oggi non diventate i “padroni” dell’Eucarestia, ma i suoi “servi”. Al centro dell’Eucarestia, non dimenticatelo mai, non siete voi ma la comunità. Essa, plasmata dallo Spirito, genera amore, gioia, pace, bontà, compassione, mitezza e, soprattutto, comunione.

Oggi voi, cari Gianluca e Devis, entrate a far parte del presbiterio: la cartina tornasole dell’autenticità del prete, oltre all’essere figlio della Parola e servo dell’Eucarestia, è la sua ricerca costante della comunione e della fraternità. Non potete fare esperienza di Dio lontano da essa. Senza l’attitudine alla comunione, all’incontro, alla fraternità, il ministero rimane infecondo. È questo l’unico modo per poter fregiarvi del titolo di “querce di giustizie e piantagioni del Signore” (Is. 6,3).

Mentre assistiamo, a cominciare delle mura ecclesiali, allo scandalo della divisione e di una conflittualità crescente, lasciatevi affascinare dalla chiamata di Gesù ad una vita buona e fraterna. Ne abbiamo un enorme bisogno.

 

+ arcivescovo Lauro

 

 

 

Foto: archivio Opinione

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