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LANCIO D'AGENZIA

ARCIDIOCESI DI TRENTO * “CATTEDRALE SVELATA“: « EUCARISTIA, MESSA INAUGURALE CON I VESCOVI LAURO TISI E IVAN MAFFEIS »

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16.00 - sabato 10 dicembre 2022

Cattedrale di Trento, Messa inaugurale con i vescovi Lauro e Ivan. “La cattedrale ritrova la luce di un tempo, alle porte del Natale. Auspico che la nostra Chiesa si lasci avvolgere da questa luce”. L’arcivescovo Lauro si fa interprete dei sentimenti di profonda gratitudine della comunità trentina nel giorno della Messa inaugurale del duomo di Trento, al termine del lungo restauro (ore 15 – diretta streaming sul canale YouTube della Diocesi e TV su Telepace Trento). Accanto a lui, a presiedere l’Eucarestia, torna a Trento, per la prima volta da vescovo, monsignor Ivan Maffeis, il rendenero da settembre alla guida della Chiesa di Perugia-Città della Pieve.

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Don Lauro cita il suo predecessore, il vescovo Luigi, al quale attribuisce il merito di aver dato il via al lungo intervento di consolidamento statico e allo svelamento delle superfici affrescate, reso possibile grazie alla sinergia con la Provincia Autonoma e il Comune capoluogo. La cattedrale, nota don Lauro, vede oggi “unite le valli e le città” grazie alla presenza dei “rappresentanti delle otto Zone pastorali che oggi, in questa nostra chiesa-madre, dove sono custodite le reliquie di Vigilio e dei tre Martiri, portano la bellezza e la forza dei diversi territori della nostra Diocesi. Oggi questo scambio – aggiunge l’Arcivescovo di Trento – si concretizza nel servizio all’altare prestato dai ragazzi e dalle ragazze dell’Unità pastorale Cristo Salvatore (bassa Val di Non, n.d.r.) , dalla presenza degli adolescenti dell’Altopiano della Paganella con cui ho condiviso l’ultimo tratto di cammino e dai cori della Zona Pastorale Alto Garda Valli dei Laghi che animano la nostra celebrazione”. In una cattedrale che “vede avvicendarsi sotto le sue volte anche donne e uomini non credenti”, monsignor Tisi esprime il sogno di “una Chiesa che si fa amica delle domande degli uomini del nostro tempo offrendo il Vangelo come compagno di viaggio”, mentre il richiamo all’”inaspettata fragilità” rilevata durante il restauro gli consente di leggervi “un’icona della nostra Chiesa e delle nostre comunità, bisognose di essere consolidate dalla Parola, dal Pane dell’Eucarestia e dal servizio ai poveri”.

Nell’omelia, l’arcivescovo Ivan ricorda il turbamento di Giovanni Battista che nella pagina evangelica si chiede se Gesù sia veramente il Messia. “Le sue riserve – commenta monsignor Maffeis – arrivano fino a noi: davanti alla violenza del male che insanguina la storia e calpesta la dignità umana, quel Messia appare troppo dimesso, arrendevole, insignificante”. Ma il Natale cristiano, nota monsignor Maffeis ricordando il presepe alpino del paese nativo di Pinzolo, dice che “la vera grandezza non sta nell’arrivare ad ogni costo sempre più in alto, ma nel sapersi abbassare, nel scendere le montagne dell’orgoglio, le pareti della presunzione, i terrazzini dei nostri egoismi…”.

“In Gesù, giungono a compimento le antiche profezie e inizia il tempo della grazia. Di questa grazia la nostra Cattedrale, restituita a uno splendore che nemmeno potevamo intuire, è memoria e testimonianza. Racconta di un’esperienza di fede che attraversa le generazioni e grazie alla quale la giornata dell’uomo diventa luminosa (“i ciechi riacquistano la vista”), la strada torna ad aprirsi (“gli zoppi camminano”), è vinta l’umiliazione che emarginava (“i lebbrosi sono purificati”) e il Vangelo della misericordia è finalmente “annunciato ai poveri”, a un’umanità diversamente perduta”. “Coraggio, Chiesa; coraggio comunità trentina. La tua storia, la tua cultura, la tua arte, queste tue stesse pietre assicurano che hai saputo riconoscere in Gesù di Nazareth il tuo Salvatore”. E, ancora: “Sentiti sostenuta dalla memoria di Vigilio, dei Martiri e dei Santi qui venerati. Nel loro solco sei edificio spirituale, Duomo – casa della comunità ecclesiale –, Basilica luminosa, Chiesa sobria e solenne, grembo che accoglie, Cattedrale, capace di spalancare le proprie porte e di andare incontro ai poveri – e lo siamo tutti… –, offrendo ragioni di vita, racchiuse in quel tornare a fidarsi e ad affidarsi a Dio, risposta prima e ultima al desiderio di gioia che abita in ogni uomo”.

Al termine della celebrazione l’arcivescovo Lauro eleverà una preghiera di affidamento della Diocesi a Maria davanti all’affresco della “Madonna in trono con Bambino”, riscoperto durante il restauro.

 

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Saluto al vescovo Ivan e alle autorità

Profonda gratitudine è il sentimento che prevale davanti allo splendore di questa nostra cattedrale.
Grazie innanzitutto al Padre che nell’umanità di Gesù ci ha comunicato la sua vita e con la forza dello Spirito ha fatto giungere a tutte le latitudini la straordinaria notizia: Dio si è fatto uomo. Le pietre di questa nostra casa, impastate di volti e di storia, ci confermano che in lui troviamo la grammatica autentica dell’umano.
Grazie al vescovo Ivan, testimone vivo della fecondità della nostra Chiesa che ha donato un suo figlio per l’esercizio del ministero episcopale. Con lui siamo riconoscenti al Signore che continua a fidarsi degli uomini per raccontare la sua fedeltà e la sua misericordia.
Grazie al vescovo Luigi, pellegrino in Terra Santa, che con creatività, lungimiranza e passione si è prodigato per questo restauro: lui ha seminato, io ho raccolto.

Grazie alla comunità trentina, in particolare alla Provincia Autonoma e al Comune capoluogo per la messa a disposizione di rilevanti risorse che hanno portato a questo stupendo risultato.
Grazie per la proficua sinergia tra la Sovrintendenza per i Beni Culturali, le realtà diocesane coinvolte, tutti i professionisti e le ditte che hanno operato insieme per molti anni (NB. Ricordo particolare per dottor Chierzi, che tanto ha lavorato per predisporre il restauro).
La cattedrale ritrova la luce di un tempo, alle porte del Natale. Faccio mie le parole del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1). Auspico che la nostra Chiesa si lasci avvolgere da questa luce.

Con gioia accolgo i rappresentanti delle otto Zone pastorali che oggi, in questa nostra chiesa-madre – dove sono custodite le reliquie di Vigilio e dei tre Martiri –, portano la bellezza e la forza dei diversi territori della nostra Diocesi. Sogno una Chiesa dove le valli e le città si scambiano doni e risorse dando vita a una sinfonia che va a realizzare le parole di Gesù: “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Oggi questo scambio si concretizza nel servizio all’altare prestato dai ragazzi e dalle ragazze dell’Unità pastorale Cristo Salvatore, dalla presenza degli adolescenti dell’Altopiano della Paganella con cui ho condiviso l’ultimo tratto di cammino e dai cori della Zona Pastorale Alto Garda Valli dei Laghi che animano la nostra celebrazione. Possano sempre di più le nostre comunità far esperienza che la cattedrale è la loro casa.

La cattedrale, grazie alla sua bellezza, vede avvicendarsi sotto le sue volte anche donne e uomini non credenti: sogno una Chiesa che si fa amica delle domande degli uomini del nostro tempo offrendo il Vangelo come compagno di viaggio.
Il restauro ha comportato importanti interventi di consolidamento statico: dietro le colonne si nascondeva un’inaspettata fragilità. Vi leggo un’icona della nostra Chiesa e delle nostre comunità, bisognose di essere consolidate dalla Parola, dal Pane dell’Eucarestia e dal servizio ai poveri.
Ci aiuti in questo percorso Maria, la grande discepola, a cui, assieme al vescovo Ivan affideremo la nostra Diocesi, pregando davanti al bellissimo affresco ritrovato durante il restauro.

 

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Riapertura della Cattedrale

“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
A porre la domanda – domanda inquietante e decisiva – è colui che, con la forza della sua parola e della sua testimonianza, non solo aveva ridestato nel popolo l’attesa vigilante della venuta del Messia, ma l’aveva anche riconosciuto e indicato presente.
Nonostante questo, nonostante tutta un’esistenza per il Cristo, Giovanni Battista arriva a dubitare, arriva a pensare di essersi forse sbagliato. Le sue riserve arrivano fino a noi: davanti alla violenza del male che insanguina la storia e calpesta la dignità umana, quel Messia appare troppo dimesso, arrendevole, insignificante, per cui la domanda sale anche alla gola di tanti uomini del nostro tempo: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Dio non viene con la scure, non si impone; il suo non è il giorno della vendetta e della distruzione. Diversa è la sua forza e altre sono le sue vie, come nuovo è l’ordine che introduce nella storia: “Il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di Giovanni Battista”.

È la piccolezza che tra pochi giorni contempleremo nel dono del Natale.
Ero un ragazzino quando il “nostro” don Piero Rattin, allora cappellano di Pinzolo, realizzò nella chiesa parrocchiale un presepio originale. Alte montagne innevate vi sostituivano il verde del muschio; il posto dei pastori era preso da alpinisti attrezzati di scarponi e ramponi; alla grotta si giungeva non lungo i sentieri tradizionali, ma scendendo pareti rocciose, abbassandosi fino a raggiungere il fondovalle. La vera grandezza – ricordava quel presepe – non sta nell’arrivare ad ogni costo sempre più in alto, ma nel sapersi abbassare, nel scendere le montagne dell’orgoglio, le pareti della presunzione, i terrazzini dei nostri egoismi…

Sì, nel Natale Dio capovolge i criteri di grandezza, per cui è comprensibile lo sconcerto: “Sei tu colui che deve venire…?” Gesù Cristo è davvero l’inatteso, l’inedito, il grande sconosciuto, la questione aperta a cui – lo intuiamo – rimane legata a corda doppia la domanda sulla nostra identità, sul nostro destino, sul senso stesso del nostro vivere quotidiano.
È domanda che trova via di risposta nella concretezza dei segni, posti in favore dei poveri e dei bisognosi; nelle opere, nei gesti di liberazione e di fraternità. Segni che manifestano la presenza del regno e alimentano la speranza e la fedeltà: “Siate costanti come l’agricoltore – ci diceva S. Giacomo –, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”. In lui – in Gesù, il segno più grande – giungono a compimento le antiche profezie e inizia il tempo della grazia.

Di questa grazia la nostra Cattedrale, restituita a uno splendore che nemmeno potevamo intuire, è memoria e testimonianza. Racconta di un’esperienza di fede che attraversa le generazioni e grazie alla quale la giornata dell’uomo diventa luminosa (“i ciechi riacquistano la vista”), la strada torna ad aprirsi (“gli zoppi camminano”), è vinta l’umiliazione che emarginava (“i lebbrosi sono purificati”) e il Vangelo della misericordia è finalmente “annunciato ai poveri”, a un’umanità diversamente perduta.
Coraggio, Chiesa; coraggio comunità trentina. La tua storia, la tua cultura, la tua arte, queste tue stesse pietre assicurano che hai saputo riconoscere in Gesù di Nazareth il tuo Salvatore. È questa tua fede che fa sì che, al pari di Giovanni Battista, tu non sia una canna esposta al vento degli umori, delle ideologie e delle vanità. Qui, attorno al successore degli Apostoli, si rende manifesta e operante la tua unità. Qui dall’acqua e dallo Spirito si rinasce figli di Dio. Qui si è convocati, nutriti e confermati alla mensa della Parola e dell’Eucaristia.

Qui il richiamo alla verità delle cose ti spinge a cercare nel linguaggio del simbolo ciò che sta oltre e che solo dà senso agli affetti, al lavoro, al tempo. Non temere di allungare il passo, così d’accorciare la distanza e conformarti a un Messia paziente e misericordioso, pietra angolare da cui ricevi coesione, stabilità e nuovo slancio missionario. E quando ti accorgessi che le esigenze della sua sequela prendono il sentiero della croce, sentiti sostenuta dalla memoria di Vigilio, dei Martiri e dei Santi qui venerati. Nel loro solco sei edificio spirituale, Duomo – casa della comunità ecclesiale –, Basilica luminosa, Chiesa sobria e solenne, grembo che accoglie, Cattedrale, capace di spalancare le proprie porte e di andare incontro ai poveri – e lo siamo tutti… –, offrendo ragioni di vita, racchiuse in quel tornare a fidarsi e ad affidarsi a Dio, risposta prima e ultima al desiderio di gioia che abita in ogni uomo.
La Vergine Madre ci sostenga e ci aiuti ad amare e a servire questa nostra terra trentina con cuore appassionato

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