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CONSIGLIO PROVINCIALE TRENTO * PRIMA COMMISSIONE: « RIFORMA COMUNITÀ, APPROVATO IL DDL GOTTARDI CON 5 VOTI A FAVORE 2 CONTRARI E 2 ASTENUTI ”

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17.06 - lunedì 6 giugno 2022

Approvato in Prima Commissione con 5 voti a favore, 2 contrari e 2 astenuti il ddl Gottardi sulla riforma delle comunità. A fine giugno l’esame finale in aula. Criticate le norme sul dirigente generale.

La Prima Commissione presieduta da Vanessa Masè (La Civica) ha approvato nel pomeriggio il disegno di legge 145 sulle comunità proposto dall’assessore Gattardi. Il testo ha ottenuto i 5 voti a favore di Masè (La Civica), Savoi (Lega), Job (Misto), Dalzocchio (Lega) e Cia (FdI), 2 contrari di Zanella (Futura) e Marini (Misto-5 Stelle) e 2 di astensione di Tonini (Pd) e Rossi (Misto-Azione). Accolto con 5 voti a favore e 4 di astensione un emendamento dell’assessore Gottardi per cambiare il titolo del provvedimento, che da “Disposizioni per l’avvio della riforma delle comunità” è diventato “Riforma delle comunità: modificazioni della legge provinciale 16 giugno 2006 numero 3 e della legge provinciale per il governo del territorio del 2015”. L’esame finale del ddl nell’aula del Consiglio provinciale è in programma nella sessione 28-30 giugno.

Il dirigente generale scelto dal presidente non può avere anche funzioni di garanzia

Prima delle dichiarazioni di voto conclusive, la seconda parte della discussione pomeridiana ha riguardato solo gli articolo 10 e 11 relativi alla nuova figura del dirigente generale. Il testo stabilisce che la figura del direttore generale provvede oltre che ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dal consiglio dei sindaci, anche a sovrintendere, coordinare e guidare i dirigenti, gli uffici e i servizi dell’ente. Svolge poi funzioni consultive, referenti, di assistenza e di verbalizzazione degli organi collegiali. Ha un ruolo di garanzia dell’azione amministrativa, viene nominato fiduciariamente dal presidente che lo sceglie tra un segretario comunale, un dirigente di ruolo ovvero un dirigente assunto con contratto a tempo determinato.

La durata dell’incarico è pari a quella del mandato del presidente che lo ha nominato.
Alessandro Savoi si è pronunciato a sostegno di queste due norme collegate che da un lato sostituiscono il dirigente al segretario e dall’altro definiscono le funzioni del primo, esprimendo rammarico per la contrarietà del Cal. “Non si può pretendere – ha spiegato – che un segretario comunale si dedichi anche alla segreteria della comunità. I segretari comunali hanno già troppe incombenze per potersi occupare anche delle comunità”. Per Savoi solo in casi eccezionali previsti dal ddl una comunità potrà utilizzare il segretario di un comune.

Paolo Zanella (Futura) ha condiviso la posizione di Savoi ma preannunciato il proprio voto contrario a questi due articoli osservando che il problema riguarda però la nomina del dirigente.
Alex Marini (Misto-5 Stelle) ha osservato che se si elimina la figura del segretario comunale si doveva prevedere un contenimento della spesa che invece nel ddl non appare.

Giorgio Tonini (Pd) ha richiamato l’attenzione sul comma 3 dell’articolo 11 che potrebbe esporre il ddl a un rischio di legittimità costituzionale. Se infatti a suo avviso la procedura di nomina è “comprensibilmente di carattere fiduciario”, perché si tratta di scegliere un manager capace di assicurare l’esecuzione delle linee politiche stabilite dal presidente e dell’assemblea dei sindaci, tra le funzioni assegnate a questa figura non vi può essere quella “di garanzia in ordine alla conformità dell’azione amministrativa all’ordinamento giuridico, in ordine alla trasparenza e al diritto di accesso agli atti amministrativi”. Questo compito stride con la nomina a carattere fiduciario da parte del presidente e dell’assemblea dei sindaci e quindi la Corte costituzionale potrebbe per questo bocciare la normativa. Se al dirigente si attribuiscono le funzioni del segretario comunale, allora per Tonini questa figura va scelto come si scelgono i segretari comunali. Altrimenti il direttore generale – sulla cui introduzione il consigliere non si è dichiarato contrario – è una figura ibrida che potrebbe diventare il tallone d’Achille del ddl.
Ugo Rossi (Misto-Azione) si è associato al giudizio di Tonini chiedendo di riflettere sul modo con cui è stata scritta questa norma che rinvia all’articolo 126 della legge regionale in materia di direttore generali ma non per quanto riguarda le funzioni del segretario comunale. Serve quindi una verifica dell’articolo per evitare un’impugnativa su questa norma.

L’assessore Gottardi ha precisato che i segretari di comunità sono attualmente presenti solo in due comunità. Tutte le altre comunità non vogliono avere questa figura per evitare che i segretari comunali si accollino anche l’onere della segreteria di questi enti. Mai le Comunità hanno voluto un segretario a tempo pieno – ha proseguito – anche per evitare l’aumento dei costi, perché con questa funzione aggiuntiva bisognerebbe integrare di un 20% l’indennità del segretario che svolge questa funzione aggiuntiva. Gottardi ha spiegato che si è finora lasciato la facoltà ai territori di dotarsi di collaboratori analoghi ai direttori generali della Provincia. E che la terzietà che il ddl attribuisce a questa figura deriva dalle sue competenze tecniche. Il mancato richiamo alla legge regionale sui segretari comunali è dovuto al fatto che la comunità non è un altro ente locale ma uno strumento con cui i comuni gestiscono i servizi. Per questo il dirigente è una figura ibrida. In ogni caso ha assicurato che valuterà le riserve espresse da Tonini e Rossi.

Le dichiarazioni di voto.
Marini ha motivato il proprio no al ddl con la mancata valutazione della compatibilità di alcuni aspetti di tipo giuridico e il non accoglimento delle richieste del Cal. Ha poi chiesto di rinviare l’esame finale del testo a settembre per avere il tempo di introdurre dei correttivi. E si è proposto per la presentazione della relazione di minoranza.
Savoi ha ribattuto a Marini che il ddl andrà in aula a fine giugno per l’esame conclusivo. “Piaccia o non piaccia chi ha i numeri ha il diritto e il dovere di portare ad approvazione un proprio ddl con eventuali emendamenti”. A suo avviso eventuali verifiche si potranno effettuare in seguito, “ma non si può impedire alla maggioranza di portare a casa quel che ritiene”.

Rossi ha spiegato il proprio voto di astensione con la speranza che un’ultima interlocuzione con il Cal permetta alla nuova legge di non cambiare sostanzialmente nulla. E ha poi evidenziato la mancata realizzazione con questo ddl dell’obiettivo inserito dalla maggioranza nel programma di legislatura di trasferire completamente ai comuni le competenze e le risorse delle comunità di valle. Secondo il consigliere “bisognava essere coraggiosi e attuare il programma di legislatura fino in fondo. Non si capisce perché si sia deciso di non farne nulla.

Per Rossi il presidente della Giunta dovrebbe spiegare i motivi di questo cambiamento rispetto al progetto originario perché sui rapporti tra le istituzioni del Trentino si gioca una parte importante della linea politica. Qui invece viene apportata solo una piccola modifica alla governance.

Tonini ha dichiarato di non poter votare contro perché la continuità in questo ddl prevale di gran lunga sulla discontinuità annunciata a inizio legislatura. Si mantiene alla comunità la dimensione pubblica di ente intermedio in mano ai comuni per una loro auto-organizzazione. A suo avviso questo ddl razionalizza e fa fare un passo in avanti all’ente intermedio comunità, chiarendo alcune cose e semplificandone la struttura.

Tonini ha salutato anche con favore l’attitudine al compromesso dimostrata dalla Giunta su questo tema. Ma ha espresso anche tre ragioni di dissenso che giustificano il suo voto di astensione: la prima sulla scelta del presidente, la seconda per la mancata valorizzazione dell’assemblea con un ruolo consultivo nei confronti dei sindaci, la terza per i rischi ai quali si espone il ddl sulla scelta del direttore generale. A suo giudizio servirebbe un’istruttoria più accurata in sede poliitico-tecnica su questo punto perché la nostra autonomia non venga respinta dalla Consulta, mentre un conflitto con il governo ci potrebbe anche stare. Il consigliere ha concluso auspicando un confronto su questi tre punti per arrivare ad approvare il testo attraverso il dialogo con il Cal in modo da evitare di prolungare ulteriormente il commissariamento delle comunità.

Paolo Zanella (Futura) ha chiarito il perché del proprio voto contrario in quanto questa proposta di riforma è secondo il Cal un’occasione persa per potenziare le comunità sul tema della pianificazione. “Qui si sta spostando completamente la governance in capo ai sindaci escludendo la partecipazione di cittadini diversi dagli amministratori comunali in modo da favorire una pianificazione condivisa. Per questo a suo avviso si poteva creare un organismo misto formato anche da cittadini esterni che portassero il loro punto di vista sulla pianificazione del territorio, evitando di permettere di esprimersi solo ai singoli comuni. Per Zanella “cambiando la governance cambia anche la politica con cui le comunità vanno gestite”.

Masè ha ringraziato la Commissione per aver discusso serenamente e costruttivamente sul testo.

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