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IL COMMENTO

BRUNO DORIGATTI * AUTONOMIA: « IDENTITÀ TERRITORIALE, IL FUTURO È SOLO NEL CONVINTO PROCESSO DI PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI ALLA VITA PUBBLICA »

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12.06 - martedì 15 febbraio 2022

L’attenzione riservata dal Presidente della Repubblica alle autonomie, nel suo discorso di insediamento, testimonia una sensibilità istituzionale profonda per le specialità previste e tutelate dalla Carta Costituzionale, ma  impone, al contempo, il dovere di riflettere sulle prospettive dell’autonomia, proprio nel cinquantesimo anniversario del secondo Statuto.

Pur tralasciando la disattenzione con la quale quest’anniversario è stato, fin qui, trattato dalle Istituzioni autonomistiche trentine e constatando, al contempo, la costante riduzione del ruolo dell’ assemblea legislativa più a supporto della maggioranza che non a palestra delle dialettiche democratiche, ciò che emerge e  preoccupa, è soprattutto la constatata distanza siderale che ormai separa Trento da Bolzano e orienta, purtroppo, destini sempre più disgiunti. Riflettere sull’autonomia, significa riflettere sulle istituzioni e sulla politica che le governa, consapevoli come la nostra specialità pare aver imboccato ormai una via marcatamente gestionale, pressata dalla prevalente esigenza di amministrare il presente e dalla corsa quotidiana al consenso immediato, assumendo così una prospettiva “neocorporativa” e dimenticando, quasi del tutto, la strada maestra del confronto e del dialogo con le forze sociali ad ogni livello. 

Oggi l’autonomia è davanti ad una doppia sfida: quella con la sua storia e la memoria che da essa discende e quella con il futuro e, soprattutto, con le prospettive di sviluppo che vengono spinte in avanti dagli investimenti del P.N.R.R.. Questi sono i terreni sui quali misurare la capacità di tenuta della specialità autonomistica, una tenuta che impone di affrontare tre questioni preliminari. 

Anzitutto il nodo della costruzione, come avvenne cinquant’anni fa, di un nuovo patto sociale, che non può prescindere dalla messa a regime di una programmazione democratica, ovvero di una politica di “trattativa permanente” fra il governo provinciale ed i principali gruppi sociali, culturali ed economici del territorio, uscendo in tal modo dalla perversione della logica di contrapposizione fra periferie e centri urbani che ha , fin qui, caratterizzato il dispiegarsi dell’azione di questa maggioranza provinciale.

Ciò comporta, in secondo luogo, un ridisegno dei rapporti fra potere legislativo ed esecutivo. Infatti, in un’autonomia matura, un esecutivo forte non implica automaticamente un legislativo debole. Anzi. Il Consiglio provinciale deve entrare sempre più in relazione competitiva con il governo dell’autonomia e, per fare questo, deve attrezzarsi organizzativamente e tecnicamente, dotandosi di nuovi strumenti conoscitivi, per massimizzare le potestà di controllo, non scordando che il prestigio del legislativo dipende anche dal prestigio dei legislatori. Serve quindi una classe politica preparata, responsabile e competente, certamente espressione di interessi e sezioni della società civile, ma altrettanto in grado di riconoscere individualmente e collettivamente la priorità del bene pubblico, anziché perdersi nell’organizzazione di qualche evento estemporaneo. Ma non basta. Al contempo dev’essere costante il richiamo alla distinzione fra partiti ed istituzioni, non solo perché rinvia ad una necessaria distinzione fra privato e pubblico, ma anche perché evidenzia la differenza fra interesse particolare ed interesse generale. Se la politica perde il senso di questa distinzione, imbocca la strada dell’imbarbarimento dei rapporti ed abdica alle sue funzioni fondamentali, perdendo così il senso del suo agire.

Infine, la terza questione, ovvero quella del nodo dell’identità autonomistica. Da un lato, la riproposizione ciclica di questo tema non lo giustifica più e dall’altro il processo di progressivo superamento degli Stati nazionali, impongono alle specialità di ripensare sé stesse, ridefinendo quei contenuti che ne giustificano l’esistenza. D’altronde, un’autonomia senza contenuti si traduce solo in un sistema di privilegi ed è quindi di contenuti, anziché di evocazioni nostalgiche, che oggi bisogna discutere, nella consapevolezza che la specialità del Trentino avrà un futuro solo  dentro un più esteso e convinto processo di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Si tratta di una coraggiosa sperimentazione di forme avanzate di auto-governo popolare e di modelli istituzionali che diano corpo ad una nuova e più concreta democrazia partecipata, perché è questa la nuova frontiera della nostra specialità.

 

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Bruno Dorigatti

già Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento

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