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ARTE & MOSTRE

MART- ROVERETO (TN) * ” SIMBOLISMO E NUOVA OGGETTIVITÀ – LA GALLERIA DEL LEVANTE “: « OGGI LA PRESENTAZIONE A CURA DEL PRESIDENTE ON. SGARBI, LE OPERE IN MOSTRA DAL 27 MARZO AL 12 GIUGNO »

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21.08 - sabato 26 marzo 2022

Presentate oggi alla stampa e alle autorità le nuove mostre:

Simbolismo e Nuova Oggettività. La Galleria del Levante
Focus | Angelo Filomeno
Focus | Hayez e gli altri. Opere dalla collezione di Fondazione Caritro
Trasmessa in diretta Facebook, la conferenza è online sulla pagina del museo.

Sono intervenuti:
Giulia Robol, vicesindaca Rovereto
Mirko Bisesti, assessore Cultura Provincia di Trento
Alessandra Tiddia, curatrice Mart
Elena Tonezzer, presidente Fondazione Caritro

Vittorio Sgarbi, presidente Mart

Ha condotto:
Susanna Sara Mandice, ufficio stampa e comunicazione Mart

 

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Tra il 1962 e il 1981 l’intellettuale Emilio Bertonati fondò e diresse la Galleria del Levante, punto di riferimento per collezionisti, artisti, critici e appassionati d’arte.
La storia della Galleria rappresenta un momento cruciale nella più ampia storia espositiva italiana. Il Mart la racconta con una grande mostra: oltre 200 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, a Rovereto dal 27 marzo al 12 giugno.

 

Emilio Bertonati e la Galleria del Levante

Architetto di formazione, curatore critico d’arte e pittore per vocazione, Emilio Bertonati inaugura la Galleria del Levante nel 1962 a Milano.
Nei vent’anni successivi, nelle sue sedi di Milano, Roma e Monaco di Baviera, presenterà opere appartenenti al Simbolismo, al Realismo Magico, alla Neue Sachlichkeit e all’Espressionismo tedesco, oltre che lavori di selezionati artisti contemporanei.

Tra tendenze ignote nel panorama italiano, spesso controcorrente e azzardate, ma sempre di respiro internazionale, con l’intenzione di esplorare nuovi ambiti di ricerca, il lavoro di Emilio Bertonati rappresenta ancora oggi un esempio di lucida visione e coraggio. Instancabile studioso, guardò alle grandi capitali mitteleuropee − Vienna, Berlino, Monaco − alla DDR e ai paesi dell’allora blocco sovietico. Si dedicò alle avanguardie russe e ungheresi, all’Art Nouveau, alla secessione di Dresda ma anche alla fotografia sperimentale. A lui si devono le prime mostre in Italia di autori come Christian Schad e Cagnaccio di San Pietro.
Mise a confronto le due grandi tendenze italiane e tedesche degli anni Trenta: il Realismo Magico e la Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività) rilevando come si integrino e si guardino a partire dallo stesso principio di realtà. Se in anni di profonda crisi economica e turbamento sociale, la soggettività dell’artista aveva lasciato spazio all’oggettività e alla concretezza, questa inquietudine in Italia assunse una declinazione più magica, sognante; mentre in Germania si fece strada la concretezza più analitica degli eredi di Dürer.
Bertonati contribuì inoltre agli studi sulla stagione simbolista europea dalle atmosfere notturne e oniriche e alla conoscenza di artisti della DDR che con audace lungimiranza propose fuori dai confini geopolitici del tempo.

Nato a Levanto nel 1934, morì prematuramente nel 1981.
Da allora numerose mostre progettate in musei e gallerie raccolgono la sua eredità e germogliano nel solco delle sue ricerche.

 

La mostra

Tra il 1962 e il 1981 la Galleria del Levante presentò quattro o cinque progetti espositivi all’anno, ognuno di questi è documentato e rappresentato in Simbolismo e Nuova Oggettività. La Galleria del Levante. In mostra 220 opere, di cui circa 60 fotografie, provenienti dalle collezioni pubbliche o private a cui appartengono oggi.
A cura di Alessandra Tiddia l’esposizione dialoga e valorizza anche il patrimonio del Mart che custodisce e studia diversi tra gli artisti selezionati da Bertonati. In particolare, provengono dalle raccolte roveretane il Ritratto di Frieda Cornelius di Christian Schad, I ciclisti di Franz Radziwill, tre opere, due disegni e una lampada di Luciano Baldessari.

Il percorso di visita si divide in 7 sezioni.

Si comincia con un’anticamera nella quale trova collocazione una selezione dei cataloghi pubblicati dalla Galleria del Levante, contenenti saggi dei maggiori critici e intellettuali, a testimonianza dei profondi rapporti intessuti da Bertonati con gli studiosi dell’epoca.

Dopo una sala dedicata al Gallerista, in cui ritratti e fotografie sono presentati con alcune opere da lui stesso realizzate, la mostra prosegue con due sale sul Simbolismo. Ad aprire le danze è La primavera di Maximilian Lenz, sodale amico di Gustav Klimt, di cui nella stessa sezione troviamo il prezioso disegno Nudo di schiena con i capelli lunghi, del 1918. La mostra procede tra opere di artisti noti, come Fernand Khnopff e Max Oppenheimer, ma anche di nomi oggi pressoché sconosciuti, come Alphonse Osbert, Émile Fabry e Charles Doudelet. Tra atmosfere da sogno e bestiari fantastici, si passa da un Simbolismo più romantico a uno più inquietante, per finire con opere che annunciano l’avanguardia futurista (e che rimandano per i visitatori insaziabili al Focus temporaneo dedicato a Romolo Romani, fino al 5 giugno).

Il percorso continua con la sala dedicata al Realismo Magico e ai Valori Plastici rappresentati rispettivamente da Cagnaccio di San Pietro e da Edita Broglio.
Di Cagnaccio, la cui riscoperta si deve anche al lavoro di Bertonati che gli dedicò un’importante mostra nel 1971, il Mart propone una serie di nature morte che rappresentano la sua pittura più “fredda”, analitica e severa; simile allo stile della Nuova Oggettività tedesca che il Gallerista ugualmente amava.
Il confronto si dispiega nella sezione dedicata alla Germania degli anni Trenta in cui emerge un’atmosfera perturbante, influenzata dalle contradizioni che segnarono il particolare momento storico. Se i pezzi da novanta sono Christian Schad e Rudolf Schlichter, che si avvicina al Surrealismo, determinante è la scoperta di opere di artisti raramente presentati in Italia come Franz Radzwill, Volker Böhringer e Karl Hubbuch.

Segue una sezione dedicata al Pittorialismo e alla fotografia a cui negli anni Settanta Bertonati dedicò diverse ricerche e pubblicazioni. In mostra ritratti, fotografia sperimentale e fotogiornalismo sono organizzati in piccoli nuclei monografici. Uno di questi è dedicato al “barone Guglielmo” Wilhelm von Gloeden, presente con un’opera anche nella mostra su Antonio Canova (fino al 18 aprile).

La mostra si chiude con un’appendice sui “nuovi realismi” tedeschi degli anni Settanta dedicata alla generazione di giovani pittori a cui Bertonati si appassionò come Werner Tübke e Heinz Zander. Tra i maggiori artisti della DDR, oggi rappresentati in musei e manuali di storia dell’arte, al tempo restarono per lo più confinanti nell’isolato contesto geopolitico.
Il rapido cambiamento internazionale che prelude l’estetica degli anni Ottanta è rappresentato da due opere del 1974 di quel Terry Pastor che disegnava le copertine per Hunky Dory e Ziggy Stardust di David Bowie.

La mostra Simbolismo e Nuova Oggettività. La Galleria del Levante prosegue nel catalogo a carattere scientifico, con riproduzione della totalità delle opere esposte, un testo di Vittorio Sgarbi, saggi di Alessandra Tiddia, Valerio Terraroli, Francesco Parisi, Monica Bonzini, Alessandra Quattordio, Maria Flora Giubilei, Elena Pontiggia. Completano l’opera le testimonianze delle collaboratrici di Emilio Bertonati, oggi note galleriste Chiara Fasser, Marion Grčić-Ziersch e Viola Roehr von Alvensleben; della gallerista Maria Paola Maino e del critico Renato Barilli.
L’allestimento è dello studio Baldessari & Baldessari.

IL PERCORSO ESPOSITIVO
ATTRAVERSO LE SEZIONI DELLA MOSTRA

Simbolismo e Nuova Oggettività. La Galleria del Levante

Nata nel 1962 a Milano, la Galleria del Levante spicca per l’originalità e la lungimiranza delle scelte operate dal suo fondatore, Emilio Bertonati. Fino al 1981, anno della prematura scomparsa del gallerista di origini liguri, essa è stata un punto di riferimento nel panorama culturale italiano ed europeo, ampliando la sua attività alle sedi di Roma (dal 1964) e di Monaco (dal 1966).
Le mostre organizzate da Bertonati tracciano una linea di ricerca inedita, spesso controcorrente, che riscopre movimenti artistici fino a quel momento trascurati dalla critica e riporta l’attenzione su grandi artisti dimenticati, come alcuni protagonisti del Simbolismo o maestri della figurazione oggettiva quali Cagnaccio di San Pietro e Christian Schad.
La mostra ricostruisce i “paradisi perduti” che Bertonati ha saputo ritrovare e valorizzare con perseveranza, fiuto straordinario e capacità di approfondimento, mettendo in luce le sue principali aree di interesse: il Simbolismo e l’Art Nouveau con particolare riguardo all’arte grafica, la fotografia, la Nuova Oggettività tedesca e il Realismo Magico.
La storia della Galleria del Levante viene ripercorsa attraverso un’ampia selezione di opere provenienti da collezioni pubbliche e private e di cataloghi che ne hanno documentato le mostre.

Emilio Bertonati: architetto, artista, gallerista

Emilio Bertonati va per la sua strada, senza lasciarsi intimorire o scoraggiare
Christian Schad

Nella Milano dei primi anni Sessanta Emilio Bertonati (Levanto, 1934-Milano, 1981) sceglie un punto di vista eccentrico, mosso dal gusto per le strade poco battute. In seguito, quando la sua competenza sull’arte simbolista e sulla figurazione degli anni Venti e Trenta gli viene riconosciuta a livello internazionale, egli affermerà: “Ritengo che una delle principali funzioni della Galleria sia stata quella di aver fatto capire che l’ago della bussola della storia dell’arte non poteva indicare solo Parigi ma anche Monaco e Vienna”.
La Galleria del Levante prende il nome dal suo paese natale: Levanto in provincia di La Spezia, un luogo al quale egli rimarrà sempre profondamente legato. Dopo gli studi in architettura e le prime prove d’artista – qui rappresentate da alcune opere dedicate a uno dei suoi autori prediletti, Max Klinger – Bertonati approfondisce lo studio dell’arte moderna attraverso il suo lavoro di gallerista, critico, insegnante. Nel 1963, infatti, diviene assistente di Franco Russoli alla cattedra di Storia dell’Arte e Storia degli stili architettonici al Politecnico di Milano.
Il suo amore per la grafica, che lui stesso amava praticare, emerge dalle numerose mostre dedicate a questo genere di produzione artistica e da un saggio scritto per la collana “L’Arte Moderna” dei Fratelli Fabbri Editori, dove ne sottolinea il valore autonomo, non più ancella della pittura.

Dai Simbolismi europei alle sperimentazioni futuriste

Alla fine degli anni Sessanta, Emilio Bertonati rivolge la sua attenzione alle opere simboliste di area nordica, in particolare quelle esposte nei Salons de la Rose+Croix organizzati dallo scrittore e critico d’arte Joséphin Péladan dal 1892 al 1897. In quest’arte impregnata di misticismo ed esoterismo spiccano le enigmatiche femmes fatales di Fernand Khnopff, le figure angeliche e androgine di Jean Delville e Émile Fabry, i misteri e le attese di Charles Doudelet, le atmosfere notturne di Alphonse Osbert. Questi “artisti dell’anima” prediligono una pittura di idee anziché la semplice rappresentazione della realtà, come le atmosfere visionarie che contraddistinguono le incisioni di Richard Müller, un autore tedesco influenzato da Klinger.
Bertonati, inoltre, indaga le convergenze della cultura simbolista nel fenomeno delle Secessioni e nell’Art Nouveau, contribuendo alla riscoperta dell’arte applicata di fine Ottocento e inizio Novecento attraverso le mostre dedicate al grafico e cartellonista cecoslovacco Alfons Mucha e a Erté, il celebre illustratore Art Déco.
Nel 1978 presenta, invece, un gruppo di artisti meno noti, attivi a Genova all’inizio del Novecento. Sexto Cantagallo, Enrico Castello e Cornelio Geranzani muovono dal Simbolismo al Futurismo seguendo l’esempio di Romolo Romani e nelle loro opere Bertonati riconosce “un sapore d’ambiguo, un profumo fin de siècle” che non manca mai di affascinarlo.

Dal Pittorialismo alla fotografia europea d’avanguardia

I due poli opposti di simbolismo e oggettività contraddistinguono anche le scelte operate da Bertonati nell’ambito della fotografia, oggetto delle sue ricerche a partire dalla metà degli anni Settanta. I generi su cui concentra la sua attenzione sono il ritratto, la fotografia d’avanguardia e il fotogiornalismo.
Nella sua galleria in via della Spiga a Milano, Bertonati allestisce delle nuove salette per ospitare le mostre dei Quaderni di fotografia, pubblicati a partire dal 1978. Essi documentano le esposizioni dedicate alla serie di Castagneri intitolata Mani, alle sperimentazioni del grafico e pubblicitario Boggeri, ai ritratti di dive influenzati dal pittorialismo ottocentesco di Badodi, Camuzzi e Crimella, oppure a I bambini del Fascismo di Porry-Pastorel che fotografa le adunate dei Balilla.
A Monaco, invece, Bertonati esordisce nel 1978 con un’esposizione dedicata alla fotografia sperimentale tedesca – qui rappresentata dalle opere di Schad, Roh, Kesting e Wittkugel – seguita da una monografica di von Gloeden, il barone tedesco affascinato dalla bellezza mediterranea.

Gli anni Trenta in Italia fra Valori Plastici e Realismo Magico. Edita Broglio e Cagnaccio di San Pietro

Pur non essendo la prima retrospettiva in assoluto dedicata a Cagnaccio di San Pietro, quella organizzata da Bertonati nel 1971 ha un ruolo fondamentale nella riscoperta della sua pittura. In Natalino Scarpa – questo il vero nome dell’artista – il gallerista ligure riconosce quello sguardo lucido e impietoso sulla realtà che ammira anche nella Nuova Oggettività tedesca. Una sorta di “tirannia dell’occhio” che scandaglia i particolari più minuti degli oggetti rendendo precisamente la consistenza degli ortaggi, dei crostacei e del vasellame che compongono le sue nature morte, illuminate da una luce fredda e tagliente. Questa visione severa sembra ammorbidirsi un poco nel trittico, ricostruito per l’occasione, dedicato ai bambini che l’artista ritrae durante la sua degenza in ospedale, alla quale appartiene anche il vassoio con le medicine dipinto in Gioco di colori.
L’iperrealismo si unisce alle atmosfere sospese e incantate del Realismo Magico nelle opere di Edita Broglio, artista di origini lettoni giunta in Italia all’inizio degli anni Dieci e divenuta compagna del fondatore di “Valori Plastici”, la rivista che dà voce a tendenze d’avanguardia come la Metafisica. Tra le opere esposte da Bertonati vi è il Ritratto di signora con tarsia, un dipinto dal sapore quattrocentesco che testimonia il suo intento di seguire “le orme quasi svanite della tradizione”.

Gli anni Trenta in Germania: Realismo espressivo e oggettivo

Emilio Bertonati si interessa precocemente al realismo tedesco – che nei suoi saggi definisce anche “secondo Espressionismo” – e alla sua oggettività sottolineata dal titolo scelto da Gustav Hartlaub per la prima mostra della Neue Sachlichkeit (Mannheim, 1925).
Con l’eccezione di Otto Dix e George Grosz, la maggior parte dei protagonisti di questa tendenza artistica erano stati dimenticati persino in patria, a cominciare da Christian Schad e dai suoi ritratti che paiono sottoposti a un processo di “mummificazione, imbalsamazione, silicazione, vetrificazione”, come scrive Giovanni Testori nel catalogo della mostra del 1970.
Bertonati non si limita a riscoprire le opere dei numerosi artisti “oggettivi” bensì rivendica il carattere progressista di un’arte che, nel secondo dopoguerra, era stata sommariamente accostata ai totalitarismi e al “ritorno all’ordine”. Parla, inoltre, di “un freddo passionalismo” dove l’effetto emozionale non è del tutto eliminato. Nelle opere di Franz Radziwill e Rudolf Schlichter, ad esempio, i paesaggi si colorano di strani presagi, mentre le deformazioni che caratterizzano le figure di Hubbuch, Brockmann o Böhringer ricordano quelle del primo Espressionismo.

I nuovi realismi degli anni Settanta. Tübke e Zander

Bertonati si appassiona anche alla giovane pittura tedesca, protagonista di una mostra del 1970 che ha un eloquente sottotitolo: Continuità della Neue Sachlichkeit. Il gallerista sembra voler incoraggiare soprattutto i nuovi seguaci di una tendenza a lui cara ma tratta anche le opere di altri pittori figurativi contemporanei come Werner Tübke e Heinz Zander.
Questi artisti traggono ispirazione dall’arte, dalla storia e dalla letteratura del passato. Il primo si specializza in grandi scene storiche influenzate dall’arte rinascimentale, talvolta con elementi di fantasia che conferiscono alle sue opere atmosfere simili a quelle del Realismo Magico. Il secondo intreccia elementi surreali con evidenti riferimenti al Manierismo in rappresentazioni tratte dalla mitologia nordica, come nelle opere dedicate alla notte di Walpurga: antica celebrazione pagana della primavera.
Nelle illustrazioni del britannico Terry Pastor, autore di celebri copertine per i dischi di David Bowie, il gallerista riconosce, forse, una nuova declinazione in chiave sado-maso delle femmes fatales ritratte dagli artisti simbolisti.

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