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CONFESERCENTI – CER * PONTE MORANDI: ” 450 MILIONI DI DANNI DIRETTI ALLE IMPRESE E IMMAGINE TURISTICA DANNEGGIATA “

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15.31 - martedì 6 novembre 2018

La sintesi dello studio: basta incuria, si porta via 3,5 miliardi di euro di crescita ogni anno. Con maltempo altri 500 milioni di euro di danni alle imprese.

La tragedia di Ponte Morandi ha lacerato il tessuto imprenditoriale della città. Circa 2000 imprese genovesi sono state danneggiate materialmente, per un totale di 450 milioni di euro di danni, in media 215mila euro ad impresa, ma per alcune attività il danno è arrivato a 30 milioni di euro. In questo scenario, lo stop imposto alla città dalla tragedia rischia di aggravare ulteriormente la situazione, con ricadute economiche negative che si ripercuoterebbero su tutta l’economia nazionale, oltre i confini del capoluogo ligure.

Il ponte svolgeva infatti una funzione centrale nel collegare Genova al resto del paese. Su quel ponte transitavano ogni giorno 2.000 Tir per trasportare merci e container, anche da un terminal all’altro del Porto. Proprio quella che forse è la più rappresentativa delle attività economiche di Genova, il suo Porto, si trova dunque a fronteggiare un improvviso ostacolo allo sviluppo.

Il rischio di ricadute recessive è grande, soprattutto se si considera che il Porto di Genova è il principale del Paese. Gli effetti dello stop imposto dal crollo del ponte Morandi sono già visibili. Secondo gli utili dati ufficiali dell’Autorità portuale disponibili, nel solo mese di agosto il traffico commerciale del Porto è calato del 18,9%. La flessione per il traffico container (il più importante) è stata del -24,6%.

L’impatto sul turismo. Il crollo del ponte Morandi ha suscitato un’immediata preoccupazione anche per la tenuta dei flussi turistici. Un sondaggio effettuato da Swg presso un campione di cittadini di sette paesi europei (Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Pesi Bassi, Svezia e Polonia) ha verificato quanto questo evento possa incidere sulle intenzioni di visitare l’Italia per motivi turistici. Il campione intervistato ha dichiarato in misura preponderante di essere a conoscenza del crollo. La notizia ha infatti avuto ampia eco nei paesi europei – la risonanza è stata leggermente minore in Svezia – sulla propensione a scegliere una vacanza in Italia: si può stimare un effetto dissuasivo tra il 10 e il 20% fra i paesi considerati, in media del 13% dei potenziali viaggiatori.

Si tratta, ovviamente, di un dato teorico, ed il fattore tempo farà diminuire l’impatto. L’impressione è, comunque, che la ricaduta della tragedia abbia comunque intaccato l’immagine dell’Italia. Anche perché, in una prospettiva più generale, la carenza infrastrutturale del nostro Paese è uno dei principali motivi di mancata scelta del nostro paese come destinazione turistica.

L’episodio di Ponte Morandi è ancora più grave se lo si inserisce in un quadro di costante incuria e mancata manutenzione del territorio. Se si fa riferimento al rischio idrogeologico, si stima che la mancata manutenzione si traduce in un costo aggiuntivo annuo di 3,5 miliardi. E’ possibile ritenere inoltre che nel corso dell’ultimo decennio vi sia stato un rallentamento della crescita pari a 0,17 decimi annui (2,8 miliardi) causato dalla flessione dell’investimento. La perdita sale a 0.22 decimi di punto annui (3,5 miliardi circa) se si tiene conto della contestuale riduzione di efficienza degli stessi investimenti. Effetti che non si esauriscono col decennio appena passato, ma che possono provocare un ulteriore rallentamento di un decimo di punto sulla crescita attesa da qui al 2022.

 

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Italia
3,5 miliardi annui per la mancata messa in sicurezza del territorio.
A questi si aggiungono fino a 850 milioni annui dovuti alla caduta di efficienza delle infrastrutture pubbliche, casata da inadeguata manutenzione e obsolescenza delle stesse.

Vengono così vanificati ogni anno effetti moltiplicativi per 0,3 e 0,4 punti di Pil, rispettivamente nel medio e lungo periodo.

Genova
Gli eventi straordinari moltiplicano questi costi. Per Genova sono previsti costi di ricostruzione pari a 360 milioni e altre spese risarcitorie varie, per un costo totale cifrato nel Decreto di oltre 570 milioni.

I costi indiretti del crollo del ponte Morandi rischiano di essere più alti. Solo con riferimento ai danni subiti dal Porto, nel mese di agosto vi è stato un calo nella capacità di movimentazione TEU del 24.6%; l’intero traffico commerciale è diminuito del 18.9%.

La ridotta operatività del Porto impatta sull’8% del valore aggiunto e sull’11% dell’occupazione regionali.
Potrebbero essere rimessi in dubbio programmi di investimento per 2 miliardi di euro (Piano regolatore portuale), con una potenziale periodo di 18mila posti di lavoro addizionali.

 

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I RITARDI
Italia
I tempi di realizzazione delle grandi opere pubbliche hanno in Italia ritardi di esecuzione e aumenti di costo quasi 3,5 e oltre 1,5 volte superiori alla media europea.

Ritardi e aggravi di costo riguardano anche le opere di dimensione più contenuta. In quasi il 15% dei casi si registrano incrementi di costo superiori al 20% della previsione iniziale.

In quasi il 54% dei casi l’allungamento dei tempi di esecuzione è dovuto al ritardo dei pagamenti della PA. Carenze progettuali e gestionali si riscontrano in oltre il 56% dei casi.

Per opere di importo superiore ai 100 milioni occorre aspettare più di 8 anni prima di arrivare alla fase esecutiva, dove si concentra il maggiore valore economico dell’intervento. Pel le opere di minore dimensione (meno di un milione) i tempi necessari per passare alla fase esecutiva sono superiori a 2 anni.

Con procedure ordinarie, opere della dimensione finanziaria equivalente a quanto necessario per ricostruire il ponte Morandi non entrano in fase esecutiva prima di 3 anni

L’allungamento dei tempi di realizzazione determina un costo in termini di mancata attivazione della spesa pubblica destinata agli investimenti. Nell’ultimo biennio, il livello effettivo degli investimenti è rimasto di quasi 5 miliardi al di sotto delle previsioni, uno scostamento in negativo del 13%. Ne è derivata una perdita di Pil nel biennio che può essere stimata pari a 3 decimi di punto nell’immediato, che sale allo 0,5% se proiettata in un orizzonte di medio periodo.

 

 

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