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CO-MANAGER: SARA FERRARI, CONCILIARE L’IMPRESA E LA MATERNITA’ E’ POSSIBILE

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16.24 - lunedì 27 marzo 2017

(Fonte: Ufficio stampa Pat) – Conciliare impresa o libera professione e maternità è possibile: lo strumento pensato dalla Provincia dieci anni fa è quello della co-manager, figura professionale che si incarica di portare avanti l’attività svolta dalla neo-mamma per tutto il tempo necessario, anche fino al 12esimo anno di vita del bambino, recita la legge provinciale.

Un “passaggio di testimone” che comporta necessariamente l’instaurarsi di un rapporto di fiducia reciproca, a beneficio di entrambi: della lavoratrice autonoma, che non è costretta a chiudere l’attività per dedicarsi ai figli, e alla co-magarer, spesso una donna (o anche un uomo) in possesso di competenze professionali specialistiche, ulteriormente affinate e certificate per poter svolgere al meglio questo nuovo incarico.

Stamani in Provincia il bilancio dei primi 10 anni di questa iniziativa, che ha portato all’avvio di 80 progetti – partiti operativamente dal 2013 – seguiti dall’Agenzia della Famiglia e dall’Agenzia del lavoro. E stamani anche i primi dieci diplomi consegnati ad altrettante/i co-manager, le cui competenze sono ora spendibili nel mercato del co-lavoro.

“Un percorso collettivo – ha detto l’assessora provinciale alle pari opportunità Sara Ferrari – che ha coinvolto le istituzioni ma anche le forze economiche e sociali, con la consapevolezza di stare percorrendo una strada nuova, perché fino a poco tempo fa quando e se si parlava di conciliazione vita-lavoro lo si faceva solo con riferimento alle lavoratrici dipendenti.

Un percorso intrapreso nella convinzione che la genitorialità non deve diventare un’esperienza traumatica sul piano lavorativo anche per le donne che svolgono un lavoro autonomo o imprenditoriale”.  14 le storie raccolte dalla giornalista Linda Pisani in un libro realizzato per l’occasione, e sono tutte storie a lieto fine. Anzi no: l’esperienza non è finita, continua e si allarga.

“Un’imprenditrice  mi ha detto: non possiamo chiudere il negozio o la partita iva. Dobbiamo dare il latte nel retrobottega ai nostri figli? E’ questa l’ultima soluzione?”. La testimonianza raccolta da Pisani è molto chiara riguardo al bisogno che il progetto nato dieci anni fa voleva andare a soddisfare. Progetto innovativo, considerato che in passato le madri affidavano a qualcuno il figlio per poter continuare a lavorare, mentre in questo caso possono affidare, temporaneamente, il lavoro.

Un progetto concretizzatosi in un registro contenente una lista di professioniste e professionisti – con un’esperienza nella gestione d’impresa e/o nelle attività professionali e/o nel lavoro dipendente – che supportano, sostituendola, totalmente o parzialmente, nella gestione dell’attività, l’imprenditrice, la libera professionista, la lavoratrice autonoma o a progetto. Il progetto stabilisce anche l’inquadramento contrattuale della co-manager e la sua retribuzione.

La mamma lavoratrice a sua volta percepisce da Agenzia del lavoro un contributo economico – fino a 20.000 – con cui far fronte alla spesa della sua sostituzione.”Le imprenditrici – sottolinea la giornalista – possono affidare la loro attività ad una persona competente per poter accudire i proprio figli. Un peso in meno e una gioia in più. Le co-manager hanno accesso a loro volta ad una opportunità molto interessante, ma anche ad una sfida: in pochissimo tempo devono poter gestire l’attività di un’altra persona”. Una buona pratica che altrove, anche quando è stata tentata, generalmente ha fallito. In Trentino no.

Luciano Malfer, dirigente generale dell’Agenzia del lavoro, ha illustrato  alcuni altri elementi che caratterizzano l’esperienza.  “Innanzitutto il libro, che è parte di una strategia di story-telling a cui crediamo molto, perché siamo convinti che le politiche pubbliche oggi vadano anche raccontate. Questo il mandato dato a Linda Pisani, trasmettere il senso di quest’esperienza attraverso la testimonianza di chi materialmente vi ha preso parte.

In secondo luogo l’idea di co-economy, che è parte a sua volta del nuovo paradigma del ‘co’, del fare assieme, del condividere. Dopo il co-housing, un altro modo di fare assieme, dunque, affrontando stavolta il tema della genitorialità. Se le disponibilità economiche per il welfare si sono ridotte a causa della crisi  ci sono però individuate molte risorse sul territorio che possono essere adeguatamente mobilitate per raggiungere obiettivi che coniugano l’economia – in questo caso il fare impresa, e l’impresa al femminile – e famiglia. Ed ancora: il tema della certificazione delle competenze, che è fondamentale. Infine, quello dell’inquadramento delle esperienze in un contesto nazionale ed europeo”.

Sul tema della certificazione è tornata anche Monica Zambotti, direttrice dell’Ufficio programmazione e organizzazione della scuola e attività formative. “Anche su questo tema la Provincia si è data una legge specifica – ha detto – inserita nella strategia europea Europa 2020 sulle competenze formali e informali. Grazie alla Fondazione Demarchi è stato possibile conseguire il risultato  di riconoscere la qualifica di co-manager ed inserirla in un repertorio valido a livello europeo”.

Piergiorgio Reggio, della Fondazione Demarchi, ha illustrato l’iter: il percorso di riconoscimento delle competenze viene svolto in parte individualmente e in parte con momenti di gruppo che consentono di fare emergere ciò che la persona sa fare. Il prodotto finale sono dei dossier di trasparenza che identificano le competenze in maniera argomentata, esaminati e approvati da una apposita commissione. Stamani la consegna dei primi 10 certificati di co-manager inseriti nell’albo delle competenze provinciali. “Non si tratta – ha detto – del riconoscimento di un titolo professionale già posseduto, è una certificazione specifica per questa figura.

La Fondazione accompagna le persone interessate lungo il cammino che porta all’elaborazione dei dossier, fino all’ottenimento del certificato. Il riconoscimento istituzionale ha un valore sul mercato del lavoro ma anche sociale, fa sì che la persona possa essere identificata da chi vuole ricorrere ad un co-manager competente”.

Antonella Chiusole, dirigente generale di Agenzia del Lavoro, ha detto che “se la Repubblica è fondata sul lavoro anche la famiglia lo è, quindi lavoro e famiglia non devono entrare in contraddizione. Il Trentino mantiene un gap occupazionale fra uomini e donne. Se riuscissimo a ridurlo avremmo una situazione di benessere maggiore ma anche più figli.

Esiste infatti una correlazione diretta in Europa fra lavoro e tasso di fertilità. Le donne fanno figli laddove c’è un mercato del lavoro che sostiene l’occupazione femminile. Per questo il progetto è sostenuto oltre che dall’Agenzia della famiglia dall’Agenzia del lavoro. Sul piano finanziario il contributo erogato alla mamma lavoratrice per far fronte alla spesa dell’assuzione della co-manager è di 20.000 euro per ogni figlio. Una garanzia importante è anche quella della continuità. Le famiglie devono poter far conto su un finanziamento che si rinnova ed è finanziato ogni anno, che è appunto ciò che avviene in Trentino”.

Eleonora Stenico, Consigliera di parità, ha riassunto i termini dell’esperienza. “Si può fare, ovvero ci si può far sostituire, si può non perdere la propria attività quando si diventa madri. E quando si ritorna in attività si ritrova il proprio lavoro. Questo strumento è utile a tutti, alle imprenditrici e a chi le sostituisce, e, cosa non trascurabile, non va a discapito dell’occupabilità maschile, poiché il co-manager può essere anche un uomo. Infine, è un progetto che va a sostenere l’imprenditorialità, in particolare quella femminile, che cresce in Trentino ad un ritmo di circa 1,5% all’anno, assai più alto della media”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Foto: da comunicato stampa

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