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LANCIO D'AGENZIA

OPENPOLIS * IL RUOLO CENTRALE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: IN QUESTA FASE DI INCERTEZZA POLITICA TUTTI GLI OCCHI SONO PUNTATI SUL QUIRINALE

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11.02 - venerdì 16 marzo 2018

In questa fase di incertezza politica, tutti gli occhi sono puntati sul Quirinale. Ci si chiede come il presidente deciderà di gestire la nomina del governo, a chi affiderà l’incarico, se conferirà mandati esplorativi e se riuscirà in un opera di convincimento dei partiti che porti in qualche modo a sbloccare la situazione.

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.
– Costituzione italiana, art. 92

In altri periodi il ruolo del presidente nella formazione del governo non era ritenuto così importante. Durante la prima repubblica, ad esempio, erano i partiti a svolgere un ruolo centrale, mentre nella seconda la struttura bipolare del sistema politico e l’indicazione del candidato premier da parte delle coalizioni rendevano le consultazioni post elettorali una procedura quasi formale. Il ruolo del presidente sulla nomina del governo è emerso invece nelle fasi di crisi del sistema politico.

Nello scegliere il presidente del consiglio designato il capo dello stato deve identificare una figura che ritiene possa ottenere la fiducia del parlamento. Vai a “Il ruolo del presidente della repubblica nella nomina del governo”

Comunque, indipendentemente da quanto possa essere influente il presidente in questa fase, è il parlamento ad avere l’ultima parola sulla formazione del governo e sono le forze politiche a dover trovare un accordo. Ma l’influenza del capo dello stato non si limita al potere di nomina e i partiti ne sono ben consapevoli, per questo le parole del presidente tendono ad essere tenute in forte considerazione.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
– Costituzione italiana, art. 87

In altri sistemi parlamentari, il presidente della repubblica ha un ruolo più che altro formale con scarso peso sulle dinamiche politiche. In Italia invece, a parte il ruolo formale di capo dello stato, l’influenza del presidente può essere molto importante e non tanto causa di un potere specifico ma piuttosto dell’insieme delle sue prerogative.

I principali poteri di controllo del presidente

La costituzione prevede che il presidente possa inviare messaggi alle camere (art. 87 cost.) non dice nulla invece dei colloqui informali tra il capo dello stato e il governo. Nonostante il contenuto di questi colloqui sia riservato, in alcune fasi politiche il peso dei suggerimenti e dei consigli del quirinale è stato evidente.

Durante la presidenza Ciampi ad esempio è capitato che il presidente consigliasse al governo delle modifiche in alcuni progetti di legge che riteneva presentassero profili di incostituzionalità.

In un caso come questo il governo ha tutto l’interesse a trovare una mediazione con il colle. Infatti quando il presidente decide di avvalersi delle sue prerogative e rinvia una legge alle camere, la maggioranza di governo si trova in una posizione difficile che comporta una notevole perdita di tempo per approvare di nuovo la legge e il rischio di un conflitto istituzionale nel caso in cui nella legge non siano accolte le modifiche suggerite dal colle.

Il presidente della repubblica può, in alcuni casi, rinviare le leggi alle camere e può rifiutarsi di firmare decreti che non presentino profili di necessità e di urgenza. Vai a “L’influenza del quirinale sul processo legislativo”

Oltre al potere di rinviare le leggi alle camere, esiste un altro caso in cui il presidente della repubblica può bloccare un testo legislativo. La costituzione prevede che il governo possa emanare, in casi di necessità e di urgenza, decreti legge. Nel caso in cui il decreto del governo non risponda a questi requisiti, il presidente della repubblica può, in qualità di organo di controllo, rifiutarsi di firmarlo.

Considerando che nella XVII legislatura il 21,8% delle leggi approvate ha riguardato la conversione di decreti legge, se il presidente decidesse di non promulgare più decreti che non rispettino rigorosamente questi principi, sarebbe un problema notevole per il governo.

La costituzione prevede che il governo possa, in casi di necessità e di urgenza, approvare decreti con forza di legge, ma nella XVII legislatura si è trattato del 21,84% delle leggi approvate. Vai a “Che cosa sono i decreti legge”
L’influenza indiretta del capo dello stato

Ci sono poi altri poteri del presidente della repubblica che, pur non influendo direttamente sull’attività di governo, devono essere tenuti in conto dalle forze politiche. Si tratta ad esempio del potere di nomina dei senatori a vita e dei giudici costituzionali.

È bene ricordare che i senatori a vita sono senatori a tutti gli effetti, indipendentemente da quali sono state le modalità della loro nomina. Per quanto si sia trattato di un caso raro il governo Prodi II si è insediato grazie un voto di fiducia in cui sono stati determinati i voti dei senatori a vita.

Per quanto riguarda invece la nomina dei giudici costituzionali, se da un lato sarebbe sbagliato considerarla una nomina politica dall’altro è evidente che la scelta delle persone che andranno a comporre il plenum non è secondaria rispetto all’evoluzione dell’orientamento giuridico della corte. Dunque per il governo, in particolare se ha intenzione di toccare temi costituzionalmente controversi, la composizione della consulta non è affatto irrilevante.

Il presidente della repubblica elegge fino a 5 senatori a vita e un terzo dei membri della corte costituzionale. Vai a “Le nomine del presidente della repubblica”

Infine è utile tenere presente che il presidente della repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura (Csm) e il Consiglio supremo di difesa. Indipendentemente dalle funzioni concretamente esercitate dal capo delle stato, si tratta di due organi fondamentali della repubblica su cui il presidente esercita la sua influenza.

È tenendo presenti tutti questi elementi che si apprezza il ruolo del presidente della repubblica nel nostro ordinamento. Senza capire quanto possa essere difficile per un governo agire in aperto conflitto con il capo dello stato è difficile spiegarsi per quale ragione i partiti tendano ad essere sensibili alla moral suasion del Quirinale.

Cosa succede quando non c’è la maggioranza

Durante la prima repubblica il cambio di governi e maggioranze non voleva necessariamente dire la fine della legislatura. Le formule con cui si strutturava il rapporto di fiducia tra camere e governo sono state le più varie e non sono mancati governi di minoranza.

Durante la seconda repubblica invece la struttura bipolare limitava molto le opzioni possibili, tanto che in alcune fasi il semplice fatto che il governo in un voto non ottenesse la maggioranza assoluta spingeva il presidente del consiglio a salire al colle per rassicurare il presidente della repubblica sulla tenuta della maggioranza.

Si tenga presente ad esempio che nel 2011 il governo Berlusconi III si dimise perché in un voto sul Rendiconto di bilancio non aveva ottenuto la maggioranza assoluta alla camera (308 favorevoli, 1 contrario e 313 assenti).

In questa legislatura, al contrario, le cose sono andate in modo molto diverso. Alla camera sono stati 7 i voti di fiducia ottenuti senza la maggioranza assoluta (1 Renzi e 6 Gentiloni) e al senato ben 25 (senza contare i senatori a vita per il calcolo della soglia di maggioranza). Tuttavia in questi casi il presidente del consiglio non si è sentito tenuto a dimettersi o a salire al colle per rassicurare il presidente sulla tenuta della maggioranza.

È difficile capire quanto sulla prassi incida la personalità del presidente e quanto il contesto della fase politica.

È evidente che questa differenza dipende dal diverso sistema politico, fortemente bipolare il primo e sostanzialmente tripolare quello della XVII legislatura. Tuttavia è noto che i partiti di centrodestra abbiano ritenuto una forzatura del presidente Napolitano le dimissioni di Berlusconi del 2011.

È difficile dire quanto le differenze di prassi dipendano dalla diversa fase politica e quanto dalle diverse personalità dei presidenti che si sono succeduti. Nessuno può sapere se Mattarella, al posto del suo predecessore si sarebbe comportato in maniera sostanzialmente diversa, o se invece il profilo più basso tenuto oggi dal presidente sia frutto della fase politica.

In ogni caso la fase politica che stiamo attraversando non si è ancora delineata in maniera chiara. Proprio per questo, indipendentemente da quale governo si formerà (se si formerà), sarà importante quale tipo di maggioranza si riuscirà a definire e con quali limiti questa si troverà a operare. Su questi aspetti si ripresenta forte la figura del presidente che, oltre a formare il governo, ha anche il potere di sciogliere le camere.

Di solito nella storia repubblicana il capo dello stato, quando si è espresso su questo tema ha sempre cercato di evitare il ritorno alle urne. Tuttavia con l’emergere di una nuova fase politica le prassi possono cambiare ed è tutto da vedere come Mattarella deciderà di interpretare il suo ruolo.

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