E’ successo poche settimane fa. Grazie ad un formidabile gioco di squadra, l’Italia ha portato a casa le Olimpiadi. C’è riuscita perchè ha saputo accantonare la logica degli orticelli e perchè per una volta – l’immagine è di una giovane atleta italiana- ha agito come un’orchestra.
Una lezione che deve farci riflettere, soprattutto ora, che è tutto un gran fiorire sulla stampa locale di veti ed anatemi contro quello che , nell’immaginario collettivo e nella realtà , è il gioiello della proposta culturale del Trentino, il Muse.
Il Museo in 5 anni ha contato oltre tre milioni di visitatori, è tra i primi dieci musei d’Italia , il primo tra quelli scientifici . Un museo economicamente sostenibile , che non prosciuga le casse provinciali , ma produce ricchezza. Il Muse è meta privilegiata del turismo trentino , interlocutore attento del mondo imprenditoriale , dell’Università , della ricerca.
Alla base della polemica , una inutile contrapposizione tra le ragioni e gli spazi della scienza e quelli dell’arte ,un improvviso braccio di ferro su un palazzo dimenticato da tutti , da anni, le Albere , la cui bellezza e potenza ha invece colpito il board del MUSE, che si è posto il problema di come strapparlo all’indifferenza e restituirgli il valore che merita.
In atto non c’è alcuno scippo, ma un progetto che configura un dialogo tra scienza, filosofia , arte; un dialogo tra le diverse realtà museali, che anzichè contrapporsi in sterili rivendicazioni sulla stampa dovrebbero collaborare ed agire …… come gli strumenti di un’orchestra.
Domina inoltre nella polemica un fastidio per la modernità , che si traduce in una bocciatura del Planetario, che dovrebbe essere installato nel prato delle Albere, necessariamente vicino al MUSE. Domina la nostalgia di un paesaggio storico che nella realtà non c’è più ( come potrebbe esserlo con a fianco lo stadio, difronte la ferrovia e due barchesse ridotte a ruderi , un sottopasso di recente costruzione e anonime costruzioni sullo sfondo) .
Questa contrapposizione tra storia e contemporaneità non risparmia neppure il progetto di Piano : all’improvviso il Muse diventa brutto, troppo ardito e aguzzo, ingombrante. Eppure proprio l’innesto tra paesaggio storico e contemporaneità è la carta vincente di città ben più importanti di Trento . Per rimanere in Italia, e non espanderci troppo, pensiamo a Milano.
Ma a chi giova declassare il valore del Muse? Demolirne il disegno architettonico, la proposta culturale, il bisogno legittimo di crescere e innovare per non invecchiare e non cedere nulla del prestigio che negli anni ha saputo conquistarsi sulla scena internazionale.
Chi si prende la responsabilità di spegnere uno dei soggetti più dinamici dell’industria culturale del Trentino ? Perchè è importante che i trentini sappiano che negare al Muse la possibilità di arricchire la propria offerta scientifico- culturale , significa ingessarlo , indebolire la sua competitività sulla scena internazionale, renderlo economicamente meno autonomo
Ne vale la pena ? Ripetiamo, a chi giova? Non certo al Trentino e neppure alle Albere e al suo prato , che dai successi del Muse possono solo ricavarne benefici. La vicinanza con un Museo che funziona non può che fare bene.
Infine non c’è in campo alcun progetto di mortificare l’arte trentina , per la cui valorizzazione c’è la Galleria civica di Trento , mentre per l’arte moderna e contemporanea è stata creata una struttura museale a Rovereto con pregiate donazioni che da anni giacciono nei depositi. E’ un museo con potenzialità pari a quelle del MUSE. L’importante è che queste potenzialità vengano espresse.
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IL CDA del MUSE
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