Dal dopoguerra in poi, per merito soprattutto degli antibiotici, si è assistito alla progressiva diminuzione, fino quasi alla scomparsa, delle malattie infettive più tipiche e pericolose.
Nello stesso periodo c’è stato un progressivo aumento di malattie croniche, le quali hanno la caratteristica di non essere provocate da una sola causa ma di avere una origine “multifattoriale” e di essere difficilmente “guaribili” , mentre possono essere tenute spesso sotto controllo.
Come i batteri e i virus, i “fattori” che causano queste patologie si trovano al di fuori dell’organismo, sparsi nell’ambiente: sono gli inquinanti ormai ubiquitari che tutti conosciamo (diossine, polveri ultrafini, Pfoas, policlorobifenili, solventi organici, pesticidi, ftalati etc).
Essi, a differenza dei patogeni, non agiscono quasi mai da soli, inoltre necessitano di un certo tempo per provocare degli effetti evidenti perciò la loro importanza viene di fatto sottovalutata (anche se le statistiche parlano di centinaia di migliaia di morti da inquinamento).
L’insieme delle patologie non curabili ma gestibili che impegnano il Sistema Sanitario Nazionale costituisce un insieme composito.
Al primo posto si collocano le patologie che classicamente vengono attribuite all’avanzare dell’età e a stili di vita sbagliati (problemi cardiaci, vascolari, respiratori, articolari, tumori..).
Sono diagnosticate più precocemente rispetto a un tempo e i nuovi farmaci ne consentono un controllo prolungato. Sono oggetto di molta attenzione sia sul piano diagnostico che terapeutico ed anche educativo perché si ritiene, a ragione, che la componente individuale abbia importanza nella loro insorgenza.
Ad esse si affiancano una serie di patologie che erano presenti anche in passato che oggi sono diventate frequenti: malattie neurodegenerative quali il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica (Sla), morbo di Parkinson; patologie neuro psichiatriche quali la schizofrenia la depressione major; malattie del metabolismo: obesità diabete di tipo II e I; tumori, in particolare quelli del sistema ematopoietico, soprattutto nei giovani e nei bambini; patologie del neurosviluppo: autismo, disordine da deficit di attenzione e di apprendimento (Adhd); patologie autoimmuni : morbo di Crohn, colite ulcerosa, celiachia.
Inoltre le allergie e le intolleranze sono talmente frequenti da costituire quasi la normalità (le diete speciali nelle scuole sono all’ordine del giorno). Il carico sociale di tutte queste patologie è enorme e quello economico è tale da costituire la fetta principale del bilancio del Ssn. La ricerca per trovare farmaci utili a curarle è molto vivace e sostenuta finanziariamente.
La componente ambientale (epigenetica) nella genesi di tutte queste patologie non è più oggetto di discussione. La scienza, anche se non nega l’aspetto “predisposizione”, sottolinea l’importanza della tempistica della esposizione agli agenti inquinanti come causa di queste forme morbose: quanto più è precoce tanto più pesante è l’effetto.
Esistono poi le cosiddette “malattie emergenti” : Sensibilità Chimica Multipla (Mcs), Fibromialgia o Encefalite Fibromialgica Fm/Em, Sindrome da Fatica Cronica (Cfs), Sindrome da edificio malato e ultimamente Sindrome da aereo malato. Sono patologie che la medicina ufficiale, soprattutto in Italia, ancora tende a liquidare come “disordini psicologici” anche se ormai numerosi e importanti studi, non contraddetti, provano che in questi casi l’inquinamento ambientale nelle sue varie forme è l’agente patogeno principale. Si tratta di patologie che colpiscono soprattutto le donne e che si manifestano dopo infezioni, traumi e/o esposizioni più o meno prolungate ad agenti chimici.
Si tratta di sindromi neuro-immuno-tossiche, ovvero di patologie in cui l’organismo è intossicato e in cui sono tipicamente danneggiati il sistema immunitario e il sistema nervoso, ma spesso sono interessanti anche altri organi o sistemi.
Quindi non c’è nulla di psicologico ma è presente una solida base organica dimostrabile con esami mirati che, però, non sono quelli usati per diagnosticare la altre malattie “normali”. Anche se in quantità diversa l’una dall’altra in tutte queste forme sono presenti infiammazione cronica, stress ossidativo e danno mitocondriale.
Ne risultano quadri clinici variegati: nella Fm/Em prevale il dolore muscolare non risolvibile con i normali trattamenti analgesici; nella Cfc la stanchezza che può arrivare fino a impedire di svolgere le normali attività quotidiane; nella Mcs la intolleranza alla esposizione a concentrazioni molto basse di agenti volatili, la quale può scatenare crisi di malessere protratto caratterizzato da disorientamento, dolori muscolari diffusi, stanchezza, disturbi gastrointestinali, crisi respiratorie etc .
L’ Mcs viene, a ragione, posta al vertice delle malattie ambientali perché è quella in cui emerge il rapporto diretto fra agente inquinante e sintomo ed è anche quella che ci avverte della reale pericolosità della presenza di questi inquinanti. I malati di Mcs hanno un livello di qualità di vita che è spesso inferiore a quello di un cardiopatico grave, ma vengono semplicemente ignorati dal nostro sistema sanitario.
Non credo che questa situazione possa durare a lungo perché le patologie in questione stanno aumentando molto rapidamente: si calcola che l’Mcs abbia una prevalenza del 6-12% nelle forme lievi e dell’ 1,5-3% nelle forme più gravi; la Fm/Em ha una prevalenza del 20-25%!
I documenti del ministero richiamano la necessità di ricerche mirate, ma su queste patologie i finanziamenti praticamente non esistono. Forse perché per curarle e, soprattutto, per prevenirle non sono necessari nuovi farmaci ma un nuovo modello di civiltà.
L’ Mcs (Sensibilità Chimica Multipla) è considerata la pi grave fra le malattie direttamente collegabili all’inquinamento ambientale, ancora oggi non si conosce quanti siano I casi noti in Italia anche se centinaia di casi sono presenti su tutto il territorio nazionale.
In Danimarca dove la malattia è stata censita sono stati identificati oltre 50.000 casi. Negli Usa si stima che il 15% della popolazione soffra di qualche sensibilità chimica e che dal 1,5 al 3% della popolazione soffra di una forma grave di Mcs.
La diificoltà di accesso dei malati ai servizi sanitari pubblici, a causa di unità ambientali controllate (prive di sostanze tossiche), rendono ulteriormente difficile la valutazion del fenomeno di questo tipo di invalidità definibile “chimica”.
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Lina Pavanelli – Assimas (Associazione Italiana Medicina Ambiente Salute)
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